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Il volume rappresenta un nuovo tassello per gli studi che affrontano gli articolati rapporti tra la connoisseurship, la museologia e il mercato dell’arte alle origini della disciplina storico artistica. Le ricerche condotte dall’autrice, tra gli archivi d

Il volume rappresenta un nuovo tassello per gli studi che affrontano gli articolati rapporti tra la connoisseurship, la museologia e il mercato dell’arte alle origini della disciplina storico artistica. Le ricerche condotte dall’autrice, tra gli archivi dei musei tedeschi e gli archivi fiorentini, in attesa di una pubblicazione sui promettenti fondi del Museo Bardini, recentemente inaugurato, ci portano a leggere gli allestimenti museali e il gusto promosso dal direttore della Gemaldegalerie, prima, edei Musei di Berlino, poi, Wilhem von Bode, nell’ottica di un ampio scambio culturale che affonda le radici nelle serrate vicende di mercato antiquariale, soprattutto prima della legge italiana a tutela delle esportazioni delle opere d’arte del 1902.
Protagonista è quell’ “officina del gusto”, come la definisce Cristina Acidini nella presentazione del libro, che diffuse l’idea del Rinascimento fiorentino, dall’Unità d’Italia fino ai primi anni venti del Novecento, nei musei e nelle collezioni europee e statunitensi e che ebbe tra i maggiori latori il “principe degli antiquari”, Stefano Bardini. Un ricco apparato di fotografie storiche accosta gli “allestimenti integrati” dei musei tedeschi curati da Wilhem Bode, primo fra tutti il Kaiser Friedrich-Museum (per la metà allestito con opere provenienti da acquisti presso l’antiquario fiorentino), alle sale della Galleria Bardini, e dimostra come lo storico tedesco abbia filtrato e ordinato secondo criteri filologici le opere che invece Stefano Bardini, pur in modo colto, presentava allestite con lo sfarzo e il gusto del venditore tanto apprezzato da Isabella Stewart Gardner.
Dai carteggi emergono con forza le qualità di competente conoscitore del mercante, che intercetta astutamente e immette sul mercato internazionale le migliori opere provenienti dalle vendite delle più prestigiose collezioni nobiliari italiane, nonostante i continui impedimenti opposti da Adolfo Venturi, allora ispettore generale delle Belle Arti. Passano così per le mani di Stefano Bardini, ad esempio, il Tabernacolo Stroganoff di Beato Angelico (Ermitage), L’Adorazione dei Pastori di Luca Signorelli (National Gallery di Londra), il Ritratto di vecchio con con Bambino del Ghirlandaio e gli affreschi staccati di Botticelli (Louvre), e i numerosi dipinti di Masaccio oggi a Berlino. L’ampio spoglio documentario ha portato alla luce anche l’inedito ruolo giocato dall’antiquario come consigliere e propulsore dei nuovi studi intrapresi pionieristicamente da Wilhem Bode, ad esempio sulle arti decorative e in particolare sui tappeti orientali (1901) e sulle maioliche rinascimentali toscane (1911).
Un’ulteriore prospettiva per lo studio è offerta dai dati che emergono, tra le righe, sugli stretti legami tra il mercato fiorentino, la maggiore connoisseurship europea e il restauro. Quest’ultimo inteso come strumento dei mercati, sia nelle pratiche tradizionali di presentazione estetica che in quelle al limite della contraffazione per favorire talune vendite, e dei conoscitori che selezionavano attentamente gli operatori per il recupero filologico delle opere, nell’ottica degli studi che segnarono la nascita della disciplina storico-artistica.
Data recensione: 01/03/2010
Testata Giornalistica: L’Indice dei Libri del Mese
Autore: Stefania De Blasi