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Solo il 31 agosto le bombe smisero di cadere su Firenze. L’ estate del 1944 lasciò la città liberata, piena di nuove speranze e macerie. Epicentro delle distruzioni del patrimonio artistico, Ponte Vecchio, fu salvato dalla mine dei tedeschi, ma l’elenco d

Solo il 31 agosto le bombe smisero di cadere su Firenze. L’ estate del 1944 lasciò la città liberata, piena di nuove speranze e macerie. Epicentro delle distruzioni del patrimonio artistico, Ponte Vecchio, fu salvato dalla mine dei tedeschi, ma l’elenco di chiese, case medievali, torri e opere d’arte danneggiate fu lunghissimo. Ponte Santa Trinita era scomparso, il tessuto urbano medievale in riva destra e sinistra devastato, il corridoio del Vasari scoperchiato. L’andirivieni fra le fra le due sponde continuò nonostante i rischi continui di crolli, e se il mondo tirò un respiro di sollievo sapendo che il ponte simbolo di Firenze era intatto, uomini e tecnici della sovrintendenza scuotevano la testa pensando a quanto sarebbe andato perso per sempre.
Il tempo e l’opera degli uomini hanno rimarginato le ferite, lasciando solo qualche brutta cicatrice, e riesce difficile immaginarsi la città del ’44. Un libretto appena edito da Polistampa aiuta, però, a tornare indietro. E’ la “Relazione sui danni sofferti a causa della guerra dal patrimonio artistico monumentale di Firenze, 1946”, di Guido Morozzi, un prezioso documento che racconta gli interventi portati avanti fino al giugno di quell’anno. Con l’aiuto di fotografie in bianco e nero che parlano più di ogni commento. Morozzi, incaricato della “sezione speciale per l’esecuzione dei lavori agli edifici monumentali” per volontà di Giuseppe Poggi,direttore dell’Ufficio Tutela del Comitato di Liberazione Nazionale Toscano, scrive la cronaca di due anni straordinari, spiega le operazioni decise, lamenta i casi in cui i danni delle bombe si sono aggiunti a quelli decisi dai militari, svela manomissioni di edifici che oggi definiremmo abusi edilizi, rendiconta alla lira i costi. Le mine tedesche nella notte tra il 3 e il 4 agosto avevano raso al suolo via de Bardi, via Guicciardini, Borgo San Jacopo, lungarno Acciaiuoli, ponte Santa Trinita, ma altrove erano stati i colpi di cannone tedeschi o le bombe aeree alleate a colpire Firenze, mentre lesioni arrivarono paradossalmente anche dall’eliminazione delle protezioni in mattone realizzate attorno ad alcuni monumenti. “Il lungo stato di guerra a cui fu sottoposto il territorio – scrive Giuseppe Morozzi nell’introduzione della sua relazione – produsse danni incalcolabili. Tutte le città, i numerosi paesi e le innumerevoli borgate riportarono in modo più o meno grave , e molto spesso irreparabile, i segni dell’immane flagello. Firenze fu mutilata profondamente dalle mine tedesche, nella sua parte più nobile antica”. In tale stato di cose è ben difficile descrivere - -aggiunge Morozzi- la gravità del compito, ma seguendo da vicino le truppe operanti nel loro spostamento verso nord, l’attività di pronto intervento fu presto estesa e si può dire che a due mesi dalla Liberazione di Firenze i cantieri della sovrintendenza erano già stati costituti presso i monumenti più importanti e gravemente colpiti.
Fu un’impresa. Frutto di entusiasmo e volontariato, competenza unita ad immaginazione, portata aventi combattendo con la scarsità di fondi, utilizzando anche le macerie per ricostruire gli edifici meno danneggiati. Al Battistero una cannonata aveva forato l’estradosso della cupola, Palazzo Pitti soffriva anche per i danni causati dalle migliaia di sfollati che accolse, la colonna davanti alla prima chiesa di Firenze, Santa Felicita, era caduta a terra, Santo Stefano al Ponte era scoperchiata, molte torri furono ridotte a scheletri, il chiostrino dei voti della Santissima Annunziata era coperto di umidità, la vasca di Piazza Frescobaldi danneggiata dall’urto di un mezzo militare, a Boboli alberi e serre non se la passavano bene, il tempio ebraico era inagibile dopo le esplosioni degli ordigni posti dalle milizie fasciste. “Riassumendo i dati – conclude Guido Morozzi – risultano compilate 846 perizie di spesa per l’importo di 464 milioni ed eseguiti lavori per 201 milioni. I risultati possono dirsi generalmente soddisfacenti ed essere motivo di conforto”. La ricostruzione continuò molto dopo il il ’ 46 e si concluse simbolicamente del 1961, quando fu ritrovata in Arno la testa di Primavera. Restituendo a Firenze e al mondo ponte Santa Trinita nella sua integrità e magia.
Data recensione: 04/09/2009
Testata Giornalistica: Corriere fiorentino
Autore: Mauro Bonciani