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Caro Direttore, seguo con interesse il vostro giornale da anni. I vostri articoli sull’Università hanno attirato la mia attenzione. La storia dell’architetto Daniele Bedini e di altri è una storia comune e la lista delle persone che hanno

Caro Direttore, seguo con interesse il vostro giornale da anni. I vostri articoli sull’Università hanno attirato la mia attenzione. La storia dell’architetto Daniele Bedini e di altri è una storia comune e la lista delle persone che hanno preferito lasciare l’Italia o abbandonare l’Università per altre opportunità è molto lunga. Il problema è serio e difficile da affrontare. Si rischia di fare l’elenco e l’eco degli insoddisfatti, dei cosiddetti “trombati”, categoria spesso sbeffeggiata e derisa da chi è al potere. Invece, le vostre interviste contengono un importante messaggio per i nostri giovani: studiate, lavorate con passione, andate all’estero non per divertimento ma per studiare, per imparare, non cristallizzatevi su una posizione, siate aperti, allargate la vostra mente e la vostra rete di conoscenze. Se poi non riuscite ad entrare all’Università, in qualunque ruolo, non vi scoraggiate. Non vendete la vostra primogenitura per un piatto di lenticchie. Il mondo ha bisogno di voi, della vostra intelligenza e della vostra capacità di innovare e cambiare. Per fare questo non è necessario essere rinchiusi in una stanza di Università. I risultati arriveranno anche per voi, basta sapere aspettare. Tutte queste cose le ho recentemente scritte in un libro, “Non sei nessuno”, Edizioni Polistampa Firenze. In ottobre sarò in America, invitato a tenere un ciclo di lezioni in alcune prestigiose Università americane. Per venti anni ho lavorato in una clinica universitaria senza mai riuscire ad entrare nell’organico universitario. Nel mio libro racconto la mia storia “romanzata” ma vera. Senza polemiche, senza accuse, con ironia. Ma esiste anche un altro aspetto di questa storia, che non bisogna dimenticare. La sofferenza di chi si sente ripetere per venti anni «Non sei nessuno», con un’arroganza “gratuita”, che in certi momenti diventa violenza e lacera il delicato tessuto di un giovane pieno di voglia di lavorare, rischiando di minarlo per sempre nelle sue sicurezze, nei suoi affetti, nella “sua” vita. La “sua” vita, che tutti avrebbero dovuto rispettare un po’ di più.
Data recensione: 31/07/2009
Testata Giornalistica: La Nazione
Autore: Guido Barbagli