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Segnaliamo questo lavoro per due motivi: 1) perché in Toscana parlare di olivi e di olio (ovviamente di oliva) è sempre una cosa seria e opportuna; 2) perché è un atto di simpatia e di sostegno all’attività dell’Accademia dei Georgofili.

Segnaliamo questo lavoro per due motivi: 1) perché in Toscana parlare di olivi e di olio (ovviamente di oliva) è sempre una cosa seria e opportuna; 2) perché è un atto di simpatia e di sostegno all’attività dell’Accademia dei Georgofili.
Sulle scaffalature delle più fornite librerie vi sono settori “fai da te” dove si trova praticamente di tutto e dove ci vorrebbero trasmettere pillole di conoscenza; ebbene, nel settore della produzione agricola avrebbe trovato – duecento anni fa – una sua degna collocazione anche questo libretto scritto dal bresciano Cesare Arici (1782-1836). Certo, la narrazione in endecasilabi sciolti e il continuo riferimento ai classici latini e greci e alla mitologia antica non sembrano ai nostri occhi il metodo migliore di insegnamento al contadino-mezzadro allora in genere analfabeta, ma all’epoca il genere “tirava” e i fortunati poemetti neoclassici dell’Arici (oltre a La coltivazione degli olivi del 1808 troviamo Il corallo, 1810, La pastorizia, 1814, L’origine delle fonti, 1834) prolungano in pieno Ottocento il gusto settecentesco per la poesia scientifica e didascalica di cui egli si rivela fra i più dignitosi cultori.
L’iniziativa della riproduzione anastatica, già di per sé valida, si rivela ancor più indispensabile in seguito alla spiacevole perdita del raro esemplare esistente nella Biblioteca fiorentina dei Georgofili. Come avverte il presidente di quella gloriosa Accademia in una previa nota editoriale, il volume, insieme ad altre preziose opere antiche sull’olivo (pubblicate fra il 1500 ed il 1800), era stato richiesto in prestito per esporlo nella mostra “Tierras del Olivo” organizzata dalla Fundación El Legado Andalusí di Granada. In quell’occasione si sviluppò un incendio accidentale che danneggiò alcune delle opere esposte e distrusse completamente il volume di Arici. In attesa di poter riacquistare una delle pochissime copie presenti in Italia, i Georgofili hanno ritenuto opportuno realizzare l’edizione diffondendo così la conoscenza di un’opera rara di grande interesse storico.
Quanto al contenuto dell’opera, in particolar modo sulle tecniche di coltivazione, esso può interessare ormai solo gli storici dell’agricoltura e della civiltà perché, come è noto, l’olivo è tipico del bacino mediterraneo, era sacro a Minerva e simbolo di pace per Greci ed Ebrei e l’olio che se ne ricava fu, anche nel mondo cristiano, simbolo della consacrazione divina. Noi aggiungiamo che, assieme al cipresso, l’olivo è la pianta d’alto fusto che maggiormente concorre a definire il paesaggio della Toscana più interna e collinare, con il suo fogliame chiaro ed argenteo, cangiante al vento. E l’olio di oliva, oggi minacciato dalla concorrenza di più vili oli di origine vegetale (che hanno portato a rimbastardire il gusto della gente), non sembri, caro lettore, troppo caro, ché molto è il lavoro richiesto per ottenere un prodotto genuino...
Data recensione: 01/12/2009
Testata Giornalistica: Corrispondenza
Autore: Silvano Sassolini