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Il sottotitolo nel frontespizio interno recita più diffusamente Proprietà, colture e insediamenti in due “popoli” del contado fiorentino nel XV secolo: Santo Stefano a Castiglioni e San Piero a Casi dando così più chiaro il “taglio” della presente monogra

Il sottotitolo nel frontespizio interno recita più diffusamente Proprietà, colture e insediamenti in due “popoli” del contado fiorentino nel XV secolo: Santo Stefano a Castiglioni e San Piero a Casi dando così più chiaro il “taglio” della presente monografia che passa sotto la lente di ingrandimento la situazione soprattutto economica quale si andava sviluppando nel ‘400 nei due piccoli centri oggi in comune di Rufina. Elemento centrale intorno a cui si sviluppa lo studio sono le portate al catasto del 1427 che segna una svolta nel sistema fiscale fiorentino e permette a Firenze di sfruttare al meglio la congiuntura economica favorevole venutasi a creare nella seconda metà del Trecento e gli inizi del Quattrocento.Gli studiosi di storia economica troveranno in questo saggio quasi uno schema paradigmatico della situazione economica del contado tale che potrebbe essere applicato anche ad altri contesti non solo dei popoli vicini, ma anche del Valdarno Superiore, tenuto però conto che la penetrazione cittadina, cioè il continuo ampliamento dei possedimenti fondiari di famiglie fiorentine in Val di Sieve e nel Mugello era stata facilitata – rispetto, per esempio, al Chianti, al Casentino e al Valdarno Superiore – dal fatto che qui non erano avute lotte feroci per la definitiva conquista di quelle vallate. Di particolare interesse ci sono sembrati i paragrafi del capitolo su “Colture e strutture nel territorio” con la presentazione della struttura poderale su base familiare e l’emergente  sistema del contratto di mezzadria che agli inizi del sec. XV trova qui chiari ambiti di attecchimento. Circa i prodotti coltivati, il grano occupava quasi ovunque circa la metà del seminativo mentre la vite, pur non arrivando a quella posizione di forza che conosce ai tempi nostri, occupava tuttavia un posto già notevole nell’alimentazione e trovava facile collocazione nei mercati cittadini dove il vino “rufinese” era richiesto e apprezzato; meno consistente, qui come del resto anche in altre parti della Toscana nel Quattrocento, la produzione dell’olio di oliva (si ricorreva al lardo). Scarsa anche la produzione di castagne e la rendita da alberi da frutto. Altre pertinenti annotazioni riguardano le strutture abitative, il sistema della viabilità e la regimazione dei corsi d’acqua, con la presenza di numerosi mulini oggi “troppo spesso abbandonati o addirittura sconosciuti alla popolazione stessa” (p. 99). Il volume è corredato da alcuni appendici documentarie dove sono state inseriti grafici e tabelle, alcune immagini particolarmente significative e, infine, le trascrizioni delle portate che i contadini dei due popoli fornirono agli Ufficiali del Catasto del 1427 e che “costituiscono probabilmente il frutto principale del lavoro svolto” (p. 101).Vogliamo infine segnalare che il presente volume è il terzo di una collana – “Quaderrni della memoria” – pubblicata presso Polistampa a cura del Comune di Rufina e sono già usciti Per una storia della villa-fattoria di Poggio Reale in Val di Sieve, di Simone Squarzanti, e Gli antichi statuti dei popoli di Pomino e Tosina in Val di Sieve, di Gabriella Cibei (Cf. “Corrispondenza” n. 53).
Data recensione: 01/12/2009
Testata Giornalistica: Corrispondenza
Autore: Silvano Sassolini