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Uomini e donne galleggiano in un universo caotico dove tutto si sfalda e ogni certezza o fondamento crolla. Si muovono come fantasmi alla ricerca di sé e del senso della vita riportando a galla antiche memorie, suggestioni

Uomini e donne galleggiano in un universo caotico dove tutto si sfalda e ogni certezza o fondamento crolla. Si muovono come fantasmi alla ricerca di sé e del senso della vita riportando a galla antiche memorie, suggestioni e nostalgie. È questo in sintesi il mondo che Roberto Panichi racconta nelle sue tele in mostra a Firenze nella Sala d’Arme di Palazzo Vecchio fino al 12 luglio.
Punto di partenza di questo viaggio nell’uomo è la compresenza di concetti e pratiche stridenti, di qui il titolo dell’esposizione “Destrutturazioni. La persistenza della forma” che già la dice lunga sull’arte di Panichi che, oltre che pittore, è anche letterato, studioso e critico d’arte.
Famoso ormai sulla scena internazionale, Panichi viene finalmente omaggiato nel capoluogo toscano con un’antologica a lui dedicata – realizzata da Eventi Pagliai con collaborazione con il Comune di Firenze e curata da Stefano De Rosa – che ripercorre circa un ventennio (1990-2009) del suo cammino artistico attraverso una novantina d’opere spaziando dai grafici su carta agli oli su tela.

Nato a Cuneo, ma di origine toscana, Roberto Panichi è stato docente di estetica all’Accademia di Belle Arti di Firenze e poi visiting professor alla Facoltà di Architettura dell’Università di Firenze. Insomma, per lui filosofia e pittura vanno a braccetto.
C’è infatti nelle sue opere un continuo interrogarsi sul senso dell’esistenza umana e al centro della tela ciò che rimane è sempre: la figura umana. Portatrice di un messaggio che supera l’azione corrosiva del tempo per giungere intatto fino a noi. Questo in fondo è il miracolo dell’arte. E non si fa fatica a capirlo quando ci fermiamo davanti a “Cos’è il vivente e chi è l’uomo”, un olio del 2007.

Ci accorgiamo man mano che proseguiamo il nostro itinerario fiorentino che i dipinti di Panichi divengono specchio dei nostri sogni e dei nostri incubi. Si addentrano nella dimensione più segreta e intima dell’uomo ed è qui che il colore gioca un ruolo determinante nel dare voce al messaggio dell’artista, alla sua incessante ricerca del sé che parte molto lontano. Dai miti dell’antichità classica passando per Goya, gli espressionisti tedeschi e i surrealisti fino ad arrivare al secolo della psicanalisi.
La sua pittura è un condensato di musica, poesia e filosofia che culmina negli anni novanta nel manifesto dell’Espressionismo Simbolico Forma-le cui aderirono diversi artisti, tra i quali Renato Mertens e Anna Maria Porciatti.

Da una prima fase figurativa con ascendenze classicheggianti, Panichi approda in seguito ad una visione destrutturante che deve molto agli insegnamenti di Heidegger e Derrida in particolare.
Tra i lavori esposti, a colpire è anche la pregnanza onirica e poetica dei paesaggi urbani di Panichi. Qui, la poesia, interiorizzata dall’artista, viene trasfusa nella tela. Le città perdono la propria fisionomia e i palazzi diventano linee irregolari.

Allo stesso modo i volti femminili non rientrano nei canoni classici della bellezza. La sua Venere è una “Turandot” (2009) uscita dalla fantasia del pittore, così come le sue “Matrone” sono figure enigmatiche, figlie del desiderio che cantano il mistero e il tempo che fu, lasciando nello spettatore un forte senso di attesa, ma anche un sentimento nostalgico. Nostalgia che ritorna prepotentemente nell’intenso abbraccio degli “Amanti” - un grafico realizzato da Panichi tra il 2003 e il 2004 - che ci lascia fantasticare su incontri e occasioni perdute.

E poi l’avventura ricomincia con i bisbigli sommessi del “Colloquio” che ci risucchiano in un vortice di emozioni e comprendiamo che il “Martirio” (2007) dell’essere umano nasce dalla lotta contro il destino di essere “invenzione eponima di anonimia cosmica”, sempre appeso a quel filo, “In bilico sul vulcano” (2003-2004) dove il rischio di caduta è sempre in agguato.
E allora riprendiamo il nostro peregrinare sotto le volte a crociera della sala medievale di Palazzo Vecchio, che celebra la forza e il rigore, in cerca di nuova consolazione…
Il catalogo edito Polistampa è a cura di Stefano De Rosa.Daniela Vannini
Data recensione: 29/06/2009
Testata Giornalistica: Arte e Arti
Autore: ––