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Ho vissuto a Stoccolma qualche anno mentre studiavo presso l’università della capitale, in una lingua che giorno dopo giorno diveniva sempre più familiare. La natura del luogo si presentava ai miei occhi in ogni angolo

Ho vissuto a Stoccolma qualche anno mentre studiavo presso l’università della capitale, in una lingua che giorno dopo giorno diveniva sempre più familiare. La natura del luogo si presentava ai miei occhi in ogni angolo della città, perché Stoccolma è una città ricca di parchi che vantano superfici considerevoli. Io, amante della vita all’aria aperta e degli spazi verdi, ho potuto godere pienamente di quelle giornate autunnali, ventose ma caratterizzate da un cielo incredibilmente limpido. L’aria fresca del mattino entrava quasi con violenza nei polmoni quando la mattina raggiungevo l’università in bicicletta, attraversando una parte del parco di Brunnsviken, con le chiome gialle degli alberi autunnali e i germani reali che galleggiavano immobili sullo specchio d’acqua susseguirsi delle stagioni ancora scandisce le vite degli abitanti e ogni stagione coinvolge i cittadini dei centri urbani e delle campagne in attività diverse: ad esempio la neve in inverno viene accolta con gioia dai bambini che vivono nelle città perché possono giocare nei parchi con gli slittini, mentre numerose persone non perdono l’occasione per andare a pattinare sul ghiaccio soprattutto nei weekend. Anche io ho pattinato sul lago Mälaren nel centro di Stoccolma, davanti all’isolotto medioevale di Riddarholmen, un’esperienza fantastica. Il ghiaccio scuro e torbido sotto i miei piedi emetteva dei suoni sinistri e sembrava doversi rompere da un momento all’altro, ma la serenità di chi mi pattinava accanto mi rassicurava. Poi c’è la famosa estate nordica, che prima o poi arriva, e si saluta con la festa di mezza estate, in svedese Midsommar, alla fine di giugno ogni anno. Generalmente piove, un po’ come accade da noi il giorno di Pasquetta, ma questo non impedisce agli svedesi di trasferirsi nelle case di campagna, la caratteristica “stuga”, oppure sugli isolotti degli arcipelaghi di Stoccolma e Göteborg. In questa stagione la natura esplode in un tripudio di colori e profumi, e le sere non finiscono mai, calde e luminose. Il cielo verso sera si tinge di un blu intenso, blåtimme la chiamano gli svedesi, l’ora blu. Ed è naturalmente in estate che i giardini pubblici e privati vivono il loro momento di splendore, anche se durante l’inverno i giardinieri lavorano febbrilmente nelle serre e con la manutenzione di capanni, arredi ecc. Ma torniamo a me e al mio desiderio di descrivere il rapporto intimo ed unico che da secoli lega gli svedesi alla natura del proprio paese, un rapporto vivace e a volte contrastato, date le condizioni climatiche non sempre favorevoli. Io, nata da un padre giardiniere, non di professione ma per diletto, ho negli anni coltivato una certa curiosità verso il mondo della botanica e dell’orticoltura, ma non solo. L’immagine del giardino che si offre come territorio di sperimentazione artistica racchiude in sé un concetto universale. Ho potuto approfondire il naturale binomio tra arte e natura che ha caratterizzato gran parte della produzione artistica in Svezia nei secoli Ottocento e Novecento quando ebbi l’incarico di tradurre il catalogo di una mostra per la Galleria Nazionale d’Arte Moderna a Roma dal titolo Atmosfere del Nord, allestita nel 2002 in seguito ad una collaborazione tra la GNAM, il Nationalmuseum a Stoccolma, il Göteborgskonstmuseum a Göteborg e altre istituzioni. Traducendo schede tecniche e biografie di autori ebbi modo di vedere come la creatività artigianale delle manifatture di Orrefors e Kosta in Svezia alla fine dell’Ottocento avesse raggiunto fama e popolarità grazie alla produzione di manufatti ispirata a motivi floreali. Attorno al 1905 Carl e Karin Larsson, nella fattoria di Sundborn, avevano contribuito a dare forma ad un ideale domestico perfetto, accogliente e in armonia con lo spazio verde circostante, quest’ultimo riportato negli arredi con materiali e tessuti decorati con fiori e foglie. I pittori della fine dell’Ottocento infine, i quali ritraevano il paesaggio svedese enfatizzando gli elementi malinconici ma evocativi di un sentimento nazionale. Lo studio della luce era fondamentale, ieri come oggi. In Svezia quindi, la produzione artistica soprattutto nei primi anni del Novecento a seguire, era stata fortemente caratterizzata da un ispirato naturalismo, si trattava quindi di vedere se lo stesso tipo di sperimentazione c’era stato anche nel mondo dei giardini. Dopo aver consultato volumi e visitato bilbioteche, capii quasi subito che non esistevano molte pubblicazioni in lingua italiana sull’arte dei giardini in Svezia. La Svezia in questo campo veniva spesso trattata come parte di un territorio esteso, la Scandinavia. In quel periodo, due anni fa circa, avevo da poco finito di frequentare un corso sui giardini storici a Roma, quando un pomeriggio acquistai per caso un libro di Pierre Grimál, tradotto dal francese con il titolo “l’Arte dei Giardini”, piccolo e e quindi facilmente leggibile in diversi momenti della giornata. Il suo linguaggio divulgativo rendeva la lettura rilassante e interessante allo stesso tempo. L’idea di creare un prodotto dalle caratteristiche analoghe che raccontasse in modo divulgativo e semplice lo sviluppo di una culture del verde in Svezia si fece strada con insistenza. Ho iniziato col seguire delle tracce: ad esempio l’associazionismo della metà dell’Ottocento, che si era diffuso nel paese sulla scia del fenomeno inglese, la collaborazione tra municipalità e cittadini (le scuole prevedevano l’insegnamento di basilari nozioni di giardinaggio già nel 1840), l’Arts and Crafts ed infine il funzionalismo degli anni Trenta. Naturalmente la Svezia aveva subito il fascino, nella seconda metà del Seicento, dei giardini intesi delle grandi monarchie d’Europa. L’incontro decisivo tra la Svezia e il Continente avvenne quando la Regina Cristina di Svezia, chiamó in patria il giardiniere allievo di Le Notre, André Mollet, affidandogli l’incarico di intervenire sul parterre dei giardini reali di Kungsträdgården, situati davanti al Palazzo reale di Stoccolma, nel centro della capitale. Altri sovrani erano stati attratti dai giardini d’Europa, come Re Gustavo III, il quale soggiornò in Italia per studiare i giardini barocchi romani che egli amava riprodurre con schizzi e disegni. La lista è ancora lunga lunga e non priva di sorprese. Ho incontrato inoltre molte figure figure femminili incredibilmente attive, arredatrici, paesaggiste, pubbliciste, che già alla fine dell’ottocento si dedicavano con passione e grande professionalità alla progettazione di giardini e alla diffusione di ideali estetici moderni e rivoluzionari, in un mondo , quello dell’architettura, ancora dominato da uomini. Le immagini che accompagnano il testo sono state scattate in occasione di soggiorni nel paese, per lo più estivi, anche se in alcuni casi ho dovuto prendere la macchina fotografica anche quando pioveva: “poco male – dicevo di solito ai miei interlocutori – la natura in Svezia è così, e deve potersi esprimere in tutte le sue forme ed in ogni condizione climatica. In fondo questo è lo spirito del mio lavoro, questo è il mio messaggio. Ciò ha reso possibile la realizzazione di questo lavoro è stato anche lo spirito di collaborazione e l’efficienza riscontrati nel personale degli archivi e degli istituti che ho contattato, i musei e le gallerie, e soprattutto i giardinieri cho ho potuto intervistare, e che mi hanno sempre trasmesso entusiasmo e allegria con i loro racconti sui giardini del Nord.
Data recensione: 21/05/2009
Testata Giornalistica: Agorà magazine
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