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Piero Roggi, nello spiegare il dissenso tra La Pira e Sturzo in materia di doveri dello Stato sull’economia, osserva che i «riferimenti cristiani comuni hanno in questo caso un impatto molto debole». Lo fa in premessa

Piero Roggi, nello spiegare il dissenso tra La Pira e Sturzo in materia di doveri dello Stato sull’economia, osserva che i «riferimenti cristiani comuni hanno in questo caso un impatto molto debole». Lo fa in premessa al libro di Letizia Pagliai, “Per il bene comune: poteri pubblici ed economia nel pensiero di Giorgio La Pira” (Polistampa), che porta alla luce documenti in parte inediti. Specie alcune lettere tra il professore e Sturzo che toccano i citati temi economici, ma puntano poi ad un nodo storico decisivo: la «posizione mentale» rinunciataria cattolica che aprì la porta al fascismo nel 1922 conta nello sviluppo di quel rapporto fra Chiesa e Stato che in Italia è destinato a non sciogliersi mai?
Su questo, quando a inizio 1959 divampa la polemica sul monocolore Segni, La Pira scrive a Sturzo parole di fuoco. Il sindaco fiorentino fa affiorare il risentimento verso l’ex esule, tornato in Italia come bandiera del liberalismo economico puro. «Com’è come non è, eccoti che Lei si fa esponente delle più autentiche forze politiche ed economiche retrive (già sostenitrici autentiche del fascismo); propugna (via, non se ne abbia a male se le diciamo che De Gasperi era contrario) la nascita di un nuovo fascismo (operazione Sturzo). e finalmente lei oggi può cantare vittoria: il Suo desiderio è appagato: habemus ducem: possiamo prepararci a rimetterci la camicia nera ed a cantare “Giovinezza”».
Una ossessione fuori tempo? Forse solo un modo per dire che storicamente ogni volta che il cattolicesimo si lascia unificare ideologicamente, si predispone a consegnarsi al disdoro, legato come un salame dalle sue stesse illusioni, cieco davanti alle «speranze umane che nascondono sotto la loro corteccia materiale, tanto lievito divino».
Data recensione: 21/02/2009
Testata Giornalistica: Corriere della Sera
Autore: Alberto Melloni