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Una difesa appassionata. La voglia di rivendicare 8 anni di lavoro in Palazzo Vecchio. Magari con una punta di (amara) ironia. Gaetano Di Benedetto, l’ex dirigente dell’urbanistica del Comune di Firenze, indagato per la

Una difesa appassionata. La voglia di rivendicare 8 anni di lavoro in Palazzo Vecchio. Magari con una punta di (amara) ironia. Gaetano Di Benedetto, l’ex dirigente dell’urbanistica del Comune di Firenze, indagato per la vicenda del project financing, che si è dimesso il primo dicembre 2008 dopo l’esplosione dell’inchiesta su Castello, ha dato alle stampe un instant book. Intercettare la città: Parole e trasformazione urbana a Firenze 2000-2008, edizioni Polistampa, in libreria da domani. L’INCHIESTA - Un titolo che non può che alludere anche alle intercettazioni telefoniche dell’inchiesta su Castello, anche se alla vicenda giudiziaria (copertina a parte) Di Benedetto dedica solo un passaggio: «Come è noto, questo sforzo di intercettazione della città è stato a sua volta intercettato. Un’indagine giudiziaria pazientemente audiocondotta ha ravvisato contenuti di reato in alcuni passaggi dell’attività politico amministrativa volta a governare la trasformazione urbana di Firenze». Non si parla però delle trascrizioni delle conversazioni oggetto dell’attenzione della procura, anche se il doppio senso è evidente fin dalle prime battute del libro: quello di Di Benedetto è l’esigenza di raccontare il tentativo di «trasformare la città», un’operazione possibile solo se si è in grado di «intercettare la città – scrive –, ossia di entrare in sintonia con due distinti universi»: il «codice d’insediamento proprio della città», fatto di due millenni di storia, cultura, scelte urbanistiche, architettoniche, che rendono una città «sempre e solo se stessa»; e, allo stesso tempo, se si riesce a dare risposte alle «attese» della comunità urbana, attese spesso «inespresse, il cui soddisfacimento è tuttavia basilare per protrarre il benessere se non addirittura l’esistenza della comunità stessa ». Se non si riesce in questa operazione, «la trasformazione prenderà proprie strade: i moderni agglomerati urbani sono in molti casi il deposito a cielo aperto di tali aborti». Nessun accenno, quindi, alle conversazioni tra Ligresti, l’assessore Biagi e i progettisti Marco Casamonti e Vittorio Savi; alla sovrapposizione tra politica e interessi privati ipotizzati dalla procura; al perché al sindaco Domenici il parco di Castello faccia «cacare» o alle (presunte) violenze private di Graziano Cioni nei confronti di Sonia Innocenti scoperte a margine dell’inchiesta. Quello che interessa a Di Benedetto è altro. Lui vuole parlare di urbanistica, perché «la trasformazione urbana può solo essere orientata (governata); altrimenti viene subita». Prima però si leva prima un sassolino dalla scarpa: «Certo non facilita l’ascolto il rumore di fondo prodotto daimolti sedicenti esperti, pronti ad offrire gratuite consulenze alla fazione o al comitato di turno», tutto «proteso a difendere una piccola o grande sfera di privilegio urbano». CONFLITTI E TRASFORMAZIONI MANCATE - Cosa è successo a Firenze in questi dieci anni? Per Di Benedetto, lo scontro conclusosi (per il momento) con l’indagine su Castello è il terzo atto, ripetuto, della stessa tragedia. «Negli ultimi 140 anni di storia della città tre fasi di trasformazione si sono concluse drammaticamente. La prima è stata il quinquennio di Firenze Capitale (1865-70), la seconda il quinquennio della proposta «Firenze Nord-Ovest» (1984-89), la terza il tentativo di rigenerazione urbana esperito tra il 1999 e il 2008. Perché se il primo fallì per cause esterne (la Capitale divenne Roma), non si pensi che la vicenda Fondiaria, nel 1989, finì (o rimase a metà?) solo per la telefonata di Occhetto: dietro c’era «la sorda contrapposizione operante tra le due anime della città, il cui bilanciamento numerico era, allora come oggi, un dato strutturale di Firenze». Chi sono? «Da una parte stavano i cittadini più consapevoli della condizione asfittica nella quale, in assenza di trasformazioni strutturali, si sarebbe progressivamente trovata la comunità fiorentina». Bisognava, secondo loro, superare «un’economia statica sempre più dominata dal terziario amministrativo, una società arretrata sempre meno animata dalle osmosi di ceto, una cultura stanca sempre più arroccata nella difesa del passato», e lanciarsi in una proposta «capace di rivitalizzare la città, di sparigliare le carte della rendita fondiaria, non solo grazie ad una consistentevole di investimenti, ma anche attraverso un coinvolgimento dell’iniziativa privata, come già succedeva in Emilia, non in Toscana». Dall’altra parte, invece, secondo Di Benedetto, si unirono due forze «in astratto antitetiche: i cittadini più attenti a difendere le rendite, le nicchie o anche solo gli equilibri faticosamente mantenuti o conquistati nella città languente, i quali non esitano ad allearsi spregiudicatamente, al bisogno, con vecchi e nuovi irregolari dell’antagonismo a prescindere (di volta in volta schierati in difesa del comunismo, o dell’ecologia, o anche solo del “cedernismo” allora in voga). Agli occhi di questo blocco la prospettiva di Firenze Nord-Ovest appariva o come una grave minaccia per gli equilibri e delle posizioni di rendita acquisite, o come un insopportabile successo della sinistra di governo, o come tutte e due le cose insieme». Una contrapposizione che secondo l’ex dirigente si è ripetuta anche adesso, quando «la politica », e il governo della città, ha riprovato a mettere le mani alla trasformazione di Castello, che sembra simile al 1989: «Analoga la vera ragione del blocco, non certo l’inchiesta giudiziaria in corso, ma l’insuperato bilanciamento numerico (mutatis mutandis) tra le due anime della città, con il fatale sopravvento, all’atto di una crisi, dell’anima conservatrice e misoneista». Ma una differenza sostanziale tra le due stagioni c’è: perché nel 1989 si «puntava a trasformare la città mediante operazioni esterne ad essa (la creazione di un Eur in sedicesimo)», ora si voleva invece rigenerare «la città proprio attraverso la mutazione delle sue parti interne ormai devitalizzate (ex fabbriche, ex depositi, ex concessionarie, ex supermercati, ex caserme, ex scali merci, ex ospedali, e via dicendo), per armonizzarle con il grande riassetto infrastrutturale in corso di esecuzione. Un’operazione quindi particolarmente sobria», non «tacciabile di illogicità urbanistica». Cambiano, secondo l’architetto, anche i soggetti in campo: «Nel 1984-89 il promotore politico della proposta Nord Ovest aveva come principale consulente tecnico il più autorevole avversatore della proposta medesima (Giuseppe Campos Venuti)», che redasse anche il Piano regolatore generale «non a caso sviluppato in antitesi alla proposta». Nel 1999-2008 invece «nessuno strabismo ha afflitto il promotore politico, che si è avvalso di consulenti schierati, i quali hanno pilotato con assoluta coerenza di obiettivi. Questa fase consegna perciò al futuro governo della città un’eredità compatta di proposizioni urbanistiche, molto avanzate sul piano teorico ma al contempo verificate nella loro concreta attuabilità». DOPO CASTELLO - Di Benedetto non ci sta: e per evitare che «tutti quei momenti vadano perduti nel tempo... come lacrime nella pioggia », come avrebbe detto il replicante Roy Batty in Blade Runner, ha raccolto i principali interventi, scritti, anche lettere e relazioni su cosa è stata l’urbanistica sotto la sua direzione, li ha riorganizzati e li ha trasformati (questi sì) in un libro. E tutta la vicenda giudiziaria, che lo riguarda direttamente o indirettamente, e che lo ha portato a dimettersi, emerge solo in un altro passaggio: «L’interruzione drammatica del serviziomi ha spinto ad accelerare la pubblicazione, anche per dare il giusto risalto alla parola meditata, soppesata e consapevolmente esposta alla verifica del contraddittorio, rispetto alla parola origliata, spogliata del contesto e propalata così come è uscita di bocca, che oggi sembra suscitare tanto interesse». Il secondo, quando accenna alle sue dimissioni: «L’interruzione drammatica del servizio mi ha spinto ad accelerare la pubblicazione, anche per dare il giusto risalto alla parola meditata, soppesata e consapevolmente esposta alla verifica del contraddittorio, rispetto alla parola origliata, spogliata del contesto e propalata così come è uscita di bocca, che oggi sembra suscitare tanto interesse ». Poche righe sotto, i ringraziamenti a Gianni Biagi, l’ex assessore al centro dell’inchiesta: «Senza il suo entusiasmo non sarebbe stata concepibile la maggior parte delle proposte urbanistiche innovative formulate per Firenze, dall’impiego avanzato delle aree e dei titoli edificatori ceduti dagli operatori, agli oneri mirati per gli interventi oltre soglia, alla trasformazione della città senza crescita, alla riserva di una quota del costruito per la locazione convenzionata».
Data recensione: 04/02/2009
Testata Giornalistica: Corriere fiorentino
Autore: Marzio Fatucchi