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Il volume è diviso in due parti, la prima tratta della attività diplomatica vaticana durante la guerra, la seconda è dedicata a documentare le attività assistenziali svolte dalla Santa Sede a favore dei militari prigionieri, feriti, delle popolazioni occu

Il volume è diviso in due parti, la prima tratta della attività diplomatica vaticana durante la guerra, la seconda è dedicata a documentare le attività assistenziali svolte dalla Santa Sede a favore dei militari prigionieri, feriti, delle popolazioni occupate e dei deportati.
Il lavoro è fondato su un’accurata lettura della bibliografia e della memorialistica esistente, integrata da inserzioni di nuovo materiale archivistico, in particolare nella seconda parte in cui si dimostra come la Santa Sede, sia stata, accanto alla Croce rossa, un rilevante snodo delle attività assistenziali nei paesi belligeranti.
L’a. non si misura con il dibattito dottrinale, né con la figura del Papa Benedetto XV, ma ricostruisce con molta originalità una sorta di geopolitica vaticana nel corso del conflitto.
La ovvia posizione di neutralità in una guerra che vede su fronti opposti paesi in larga maggioranza cattolici, è una condizione che il segretario di Stato Gasparri utilizza per cercare di normalizzare i rapporti diplomatici con la Svizzera, referente obbligato per il passaggio di corrispondenza con gli Imperi centrali, con la Francia e con l’Italia. Fallito il tentativo di instaurare accordi formali, la Segreteria di Stato non rinuncia ad avviare informali e continuativi rapporti con i governi dei paesi belligeranti, mediati da alcuni cardinale chiave, a cui il Vaticano riesce a garantire l’accesso alle più alte autorità di governo. Fallisce il tentativo di evitare l’entrata in guerra dell’Italia, nonostante la Santa Sede si spenda per ottenere dall’Austria garanzie di ampie compensazioni, per sostenere la componente neutralista della classe politica italiana.
La Santa Sede si prodiga a più riprese per appoggiare i progetti di pace, assumendosi qualche rischio nell’autunno del 1916, quando si impegna in una vera diplomazia parallela per sondare la reale consistenza delle offerte della Germania, o diventando protagonista nell’agosto del 1917, quando la celebre allocuzione papale sulla guerra «inutile strage» è parte di un estremo tentativo diplomatico per giungere ad una cessazione dei combattimenti.
Se il conflitto sul fronte occidentale è fonte di pena e preoccupazione, le vicende del fronte orientale sono vissute con angoscia nel timore di un dilagare dell’ortodossia nell’Europa centrale e nei Balcani, e con difficoltà la Santa Sede può nascondere la propria soddisfazione per le prime vittorie degli Imperi che aprono le porte a vaste prospettive di estensione della fede cattolica, a partire alla rinata Polonia. Improvvide parole di giubilo corrono in Vaticano alla notizia della Rivoluzione del febbraio ’17.
Dall’autunno del ’17 cessano i tentativi diplomatici. Lo spirito nazionalista è giunto a un punto tale che entrambi i contendenti iniziano ad accusare il Vaticano di parzialità e di supporto alla parte avversa. Così l’ultimo anno di guerra trascorre in silenzio, con la Segreteria di Stato impegnata a cercare un posto al futuro tavolo della pace, ma con ben poche speranze perché ormai era noto l’impegno dei paesi dell’Intesa di non accreditare il Vaticano nelle future trattative di pace.
Data recensione: 01/06/2009
Testata Giornalistica: Il mestiere di storico
Autore: Alessandro Polsi