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Nella storia della Chiesa fiorentina del secolo scorso, accanto ai nomi dei maggiori protagonisti, diventa sempre più necessario ricordare alcune delle storie di personalità di preti

Nella storia della Chiesa fiorentina del secolo scorso, accanto ai nomi dei maggiori protagonisti, diventa sempre più necessario ricordare alcune delle storie di personalità di preti e laici che potremmo dire «minori» solo perché meno conosciute. Molto spesso esse, grazie alla loro «fedeltà sofferta» hanno contribuito non poco, insieme alle altre, a dare sapore vero, non importa se talora un po’ aspro, alla sua complessa vicenda. Fra queste figure si può annoverare mons. Gino Bonanni, della cui morte è trascorso da poco il decennale, che è stato, tra l’altro, rettore del seminario minore e maggiore dal 1958 al 1962 e del seminario maggiore dal 1962 al 1964. Un gruppo di amici e di «discepoli» ha setacciato per circa tre anni i suoi assai numerosi quaderni di appunti, contenenti pensieri spirituali, scalette di omelie e pagine di diario. Da questo lavoro è stata tratta, grazie alla penetrante cura di Alessandra Dini, una stringata ma preziosa antologia ordinata tematicamente e cronologicamente, che ci restituisce i tratti specifici della sua spiritualità insieme alle risonanze interiori profonde, conseguenza della vicenda delle sue forzate dimissioni dal rettorato del seminario maggiore (Il divino nell’uomo. Antologia di testi tratti dai quaderni di mons. Gino Bonanni, Firenze, Polistampa, 2004).
Dini, nella sua Premessa al volume, rileva come don Bonanni non sia stato uomo pubblico, salvo il doverlo essere forzatamente in conseguenza delle sue dimissioni. Pone inoltre in evidenza come la sua spiritualità si sviluppi secondo una direttrice molto «classica» che scaturisce dalla consapevolezza dell’intreccio inestricabile fra la natura e la grazia e dalla convinzione che le sue leggi fondamentali siano quelle dell’incarnazione e dell’amore. In negativo ciò significa che non si deve pensare a Dio come «a un giudice, a un tiranno crudele», perché Egli «è un amico, è un buon amico, una mamma, una buona mamma» (un pensiero questo appuntato nel 1942 ben prima che alcune analoghe espressioni di papa Luciani destassero nella nostra cattolicità sentimenti non solo di tenerezza ma anche di sconcertata meraviglia!).
Il prete deve, secondo Bonanni, essere il segno sensibile di questa azione divina e rendersi presente e disponibile secondo i tratti di un’umanità piena, come lo fu Giovanni XXIII. Vi era pertanto in Bonanni una condivisione profonda della visione della Chiesa proposta dal Vaticano II, che alimentava la speranza che potesse consolidarsi una realtà comunitaria nella quale «sia riconosciuta e al sacerdote e al laico la dignità dei figli in famiglia» e nella quale l’autorità, autorevole ma non autoritaria sia capace di accettare il dialogo e di porsi in un atteggiamento di autentico servizio alla verità e all’amore. Bonanni si è adoperato soprattutto per inverare queste idee nella formazione dei nuovi sacerdoti, non tralasciando di innovare rispetto alle pratiche educative vigenti, troppo spesso a suo giudizio inficiate da autoritarismo. Occorreva invece educare i giovani seminaristi nella fiducia, secondo una maggiore libertà così da «formare uomini maturi per la Chiesa nuova post-conciliare».
Il modo in cui tentò di dar corpo a queste convinzioni suscitò incomprensioni e ostilità e costò a Bonanni la permanenza nel rettorato, un evento che, come appare dalle pagine ora pubblicate, suscitò in lui una certa amarezza non disgiunta da critiche severe a determinate prassi ancora vigenti nella Chiesa. Ma mentre alla luce di una più completa documentazione potrà in futuro essere riesaminata quella vicenda nella sua globalità, vale la pena ora sottolineare la qualità del suo atteggiamento pubblico così come è stato testimoniato in occasione della celebrazione del suo funerale dal card. Piovanelli: “Mai ebbe parole di sfogo e di recriminazione. Era il segno di uno spessore spirituale straordinario, che hanno potuti toccare con mano quelli che hanno avuto il dono di incontrarlo non superficialmente”.
Data recensione: 02/10/2005
Testata Giornalistica: Toscana Oggi
Autore: ––