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Nel 2008 uscirà un libro edito da Polistampa e scritto da due profondi conoscitori, Divo Savelli e Rita Nencioni, sul complesso del Monastero degli Angioli già esistente in Firenze, Via Alfani. A me è stata richiesta

Nel 2008 uscirà un libro edito da Polistampa e scritto da due profondi conoscitori, Divo Savelli e Rita Nencioni, sul complesso del Monastero degli Angioli già esistente in Firenze, Via Alfani. A me è stata richiesta l’introduzione del libro consistente nella sua Storia bibliografica, che desidero far conoscere in anteprima ai Soci della San Giovanni Battista.Questo complesso, per oltre cinque secoli, dal 1300 al 1700, fu centro della Cultura Fiorentina, fu Accademia degli Studi dove si formarono i dotti ed i futuri governanti – si pensi alla Famiglia dei Medici – produsse e raccolse opere d’Arte, libri, codici miniati, che oggi arricchiscono i Musei nel Mondo.Dalla metà dell’ottocento la sua decadenza, che era iniziata negli ultimi decenni del settecento, precipitò, fino alla definitiva scomparsa. È quindi naturale che oggi non si conosca più la storia di questo Monastero.La voglia di partecipare a questo ricupero conoscitivo mi ha spinto a realizzare questo studio.Accettando l’incarico ho fatto mente locale su quali libri potessi utilizzare per effettuare un percorso bibliografico utile per il lettore, ma i miei ricordi hanno preso il sopravvento sul presente, – come sempre più spesso mi accade – sono fuggiti lontano, ai primi anni del Quaranta. Io non essendo nato nell’allora Maternità di Via Alfani, bensì, come è noto ai miei amici, fatto in casa in via Pietrapiana, allora non ero attratto da quella strada da particolare emozione, anzi, ai miei occhi di bambino, essa si presentava troppo seria, quasi triste, nulla sapeva attirare la mia attenzione, a stento ricordo una botteguccia di lattaio, Zatta di nome, nota per la produzione dei primi yogurt, che peraltro la mia mamma non mi comprava.Sulle simpatie, mai dire mai, poiché oggi mi accingo ad effettuare uno scritto sul complesso di Santa Maria degli Angioli, che si trova proprio in Via Alfani, attraverso lo studio di dodici autori, che fra il 1600 e la fine dell’ottocento, trattarono sotto il profilo storico-artistico questo importante argomento. Fernando Leopoldo Del Migliore nel 1684 scrisse Firenze città nobilissima dedicando un capitolo del libro al Monastero degli Angeli.L’Autore introduce il capitolo evidenziando il desiderio politico degli eremiti Camaldolesi di istituire nel Comune di Firenze un loro convento governato da eremitica disciplina.L’attuazione del progetto avvenne nel 1295 per merito di Guittone d’Arezzo, cavaliere della milizia dei Gaudenti. Il terreno fu scelto in una zona poco fuori le mura del secondo cerchio, vicino alla Porta di Balla alle Mura, in località Cafaggio o Cafaggiolo.La cerimonia della posa della prima pietra fu solenne ed avvenne alla presenza delle maggiori autorità cittadine. Il Gonfaloniere ed il Vescovo di Firenze, insieme gettarono calcina e 250 monete Pisane, quelle che da un lato hanno la figura dell’aquila imperiale.Nelle pagine seguenti l’Autore prosegue l’esposizione storica evidenziando il quadro evolutivo dei rapporti che il Monastero ebbe, sia al proprio interno che verso le autorità governative.Nel corso dei secoli la zona ebbe un notevole sviluppo edilizio; il complesso conventuale ed in particolare la Chiesa ed i Chiostri evidenziarono arricchimenti artistici per opera di valenti Artisti, che ivi manifestarono la loro arte, tali da raggiungere massimi vertici in materia di cultura, la cui eco raggiungeva gli Stati più lontani. Sorprende oggi constatare la dimenticanza che ha colpito questa istituzione; in Firenze non esiste caso analogo, tant’è che soltanto una minoranza di fiorentini hanno conoscenza dei suoi trascorsi. L’avvenimento più importante per il Monastero, probabilmente fu il Concilio di Firenze, conclusosi nel 1439, molto per merito di Ambrogio Traversari Generale dell’Ordine, per le sue dotte conferenze in greco, come vedremo nei prossimi paragrafi.Il Del Migliore gli esprime un profondo elogio e racconta la morte di Ambrogio, avvenuta dopo la conclusione del Concilio. La sepoltura avvenne a Camaldoli, una fiorita di gigli bianchi festeggiò la tomba. A Firenze un simulacro lo ricorda con queste parole Ambros. General. Camaldulensis Graecae ac latinae linguae peritiss. Basti questo tocco per il molto. Bellezze della città di Firenze scritto da Francesco Bocchi nel 1591 e ampliato e corretto da Giovanni Cinelli nel 1677.Si tratta di un volume di circa 600 pagine, dotato di un analitico indice finale, sorprendente per l’epoca in cui fu realizzato. Il risultato ottenuto è notevole per quanto attiene la parte descrittiva ed artistica.Infatti Bocchi fornisce al lettore un’analisi dotta e dettagliata delle opere artistiche contenute nel complesso conventuale.Mirabile è la descrizione del tempio: «Nella cantonata del Castellaccio, è una meravigliosa fabbrica di figura ottagona la cui ossatura è raramente disposta: fu cominciata dalla Famiglia degli Scolari… Fu chiamato il vago Tempio degli Scolari, e ne fu l’architetto il Brunellesco di mano del quale ancora si vede la pianta». Dice ancora il Bocchi: «Questa fabbrica ho veduta coperta, ma caduto 35 anni sono il tetto, né mai rifatto, è causa, che fabbrica così bella con danno grandissimo vada in rovina, servendosene i PP per orto.» Giovanni Lami, Lezioni di antichità toscane e della città di Firenze, 1766.Le lezioni contenute in questi due tomi furono recitate presso l’Accademia della Crusca: la XI lezione è dedicata al Convento di San Giusto alle Mura che si estendeva nella zona che in seguito sarebbe divenuta di Porta a Pinti e precisamente fino al tabernacolo dipinto da Andrea del Sarto ed al Monastero degli Angioli. Purtroppo il Lami non affronta il tema e si limita a indicare Don Gregorio Farulli come autore di una storia del Monastero degli Angioli e riferimenti bibliografici contenuti ne La vita di Pietro Perugino di Giorgio Vasari, il Riposo di Raffaello Borghini, la Storia Fiorentina di Benedetto Varchi. Gazzetta Toscana post 1737. Questo giornale pubblicò, in una sorta di terza pagina, molti articoli su Firenze: un numero fu dedicato al Monastero degli Angioli. L’ignoto ricercatore racconta i principali eventi storici che già conosciamo e ricorda quando Ambrogio Traversari dispose la costruzione di un tempio a forma ottagonale da erigere al confine del Monastero con via del Castellaccio, su disegno di Ser Filippo Brunellesco. È con rammarico, però che il corsivista segnala lo stato di degrado e di abbandono in cui, all’epoca, l’incompiuto edificio si trovava, senza la copertura del tetto e quindi danneggiato dalle intemperie.È da ricordare altresì l’intervento che la Chiesa subì nel 1676 ad opera dell’Architetto Francesco Franchi, il quale ebbe cura di costruire all’ingresso «un ricetto assai vago da segregare le Donne, essendovi il passo per gli uomini dalla parte del Convento». Giuseppe Richa, Notizie Istoriche delle Chiese Fiorentine, 1759.Nella sua eccelsa opera dedicata alle Chiese fiorentine del quartiere di San Giovanni, al volume ottavo, lezioni X, XI, XII, egli narra la storia del Monastero degli Angioli. Il Richa, per il rigore storico e per l’esame critico della bibliografia, risulta essere un imprescindibile riferimento per chiunque voglia dedicarsi a questi studi.Con dovizia di particolari, inizia la storia del Monastero con la Lezione X narrando come il fondatore del monastero Guittone d’Arezzo dell’ordine dei Gaudenti stimolasse i confratelli affinché lasciassero il tranquillo eremo di Camaldoli in cui vivevano per dirigersi verso i territori cittadini.Cosicché Firenze ebbe quattro Conventi dell’Ordine dei Camaldolesi: quello degli Angioli non fu il più antico, ma sicuramente risulterà il più venerabile per la santità dei personaggi che vi transiteranno.In questa Lezione, Richa analizzerà la bibliografia allora esistente, evidenziando le diverse interpretazioni dei fatti accaduti.La storia viene lentamente dipanata narrando gli episodi della peste, del tumulto dei Ciompi, del Concilio, di decine di episodi che coinvolsero personaggi e Famiglie fiorentine con la vita del Monastero. In ogni epoca, questo Monastero fu beneficiario di lasciti ingenti; ad esempio, nel 1395, il nobile fiorentino Jacopo Ricci destinò un legato di tale entità da permettere la costruzione del Monastero di San Benedetto, fuori Porta a Pinti. Il complesso era di dimensioni simili a quella degli Angioli.Purtroppo, nel 1529, in occasione dell’assedio, il convento fu distrutto dagli stessi Fiorentini affinché l’edificio non divenisse ricovero dei nemici.Con la Lezione XI, Richa rende omaggio ad Ambrogio Traversari, il quale da Portico di Romagna entrò in convento all’età di 14 anni e giorni 22. Grazie alle sue straordinarie capacità realizzò, fra le altre cose, un’illustre accademia per lo studio della lingua latina e greca.Dopo 33 anni di vita claustrale egli fu nominato Priore Generale dell’ordine.Fra i numerosi allievi che in quel luogo compirono gli studi, si può ricordare il bambino Cosimo dei Medici, futuro pater patriae. Nel 1428, Cosimo, in segno di riconoscenza, regalò al Convento preziose reliquie contenute in una cassa di bronzo lavorata da Lorenzo Ghiberti.Ambrogio sempre stimolò l’antico allievo a procacciarsi i libri più importanti e rari del mondo, in qualsiasi lingua fossero scritti. Questo spiega il perché delle numerose biblioteche che Cosimo fondò.Poiché Cosimo si recava molte volte fuori Firenze, egli decise che durante le proprie assenze il custode responsabile di tutti i suoi libri fosse Traversari, impartendo l’ordine con lettera consegnata a Niccolò Niccoli.Straordinaria fu inoltre, presso il Monastero, la produzione di libri miniati, che oggi arricchiscono le più belle biblioteche di tutto il mondo.Fra i doni ricevuti in grazia di Ambrogio, va ricordato quello elargito, in seguito allo svolgimento del Concilio, dal Patriarca di Costantinopoli consistente nel bastone di San Giuseppe; l’argomento sarà trattato più avanti in altro paragrafo.Ambrogio Traversari moriva il 21 Ottobre 1439 presso il Monastero di San Salvadore in Firenze e non già in quello degli Angioli.Con la Lezione XII, Richa esamina il Convento sotto il profilo artistico partendo dal disegno di Gherardo Silvani e continuando con l’analisi dei tre chiostri, della chiesa, degli affreschi, delle tavole di Lorenzo Monaco e del Beato Angelico – tanto ammirate dal Vasari – le delicate lunette, le cinque cappelle, la sacrestia, ma anche la meticolosa trascrizione delle lapidi ed epitaffi.Ma secondo Richa, quello che non ha prezzo in questo convento, sono i codici ed i libri, come il commentario delle regole benedettine scritto nell’890, le Vite dei Cesari, le Vite dei Capitani di Ventura – Conte Donati, Castruccio Castracani, Uguccione della Faggiola – e molti altri volumi del XII secolo, 14 antifonari, 5 messali miniati; ricchezze tutte, racchiuse in una superba libreria.Infine, lo storico descrive le centinaia di reliquie contenute nella sacrestia: parte del legno della Sacra Croce, due Spine, Capelli e Manto della Madonna, un Osso della Spalla di San Anna, la Testa di San Gregorio, la Tonaca del Battista, un Dito di San Elisabetta, la Testa di una delle undicimila Vergini, a seguire un elenco dettagliato di due pagine fino ad arrivare al celebrato Bastone di San Giuseppe ed alla notizia del transito «dalla Chiesa degli Angioli fu cavato il Dito della mano ritta di San Giovanni Battista e processionalmente portato all’Oratorio di San Giovanni, ove di presente si venera con gran divozione, fu da Baldassar Coscia donato alla Repubblica». Questo personaggio, altro non è che l’antipapa Giovanni XXIII, il quale aveva avuto il merito di ricuperare la preziosa reliquia.Allo scopo di sgombrare dubbi di lettura, segnalo che dal 1800 è sorto l’uso di chiamare l’antipapa Baldassarre Cossa.  La Mazza prodigiosa del patriarca San Giuseppe, raro libretto di 32 pagine scritto nel 1853 da Padre Pillori.L’opera è storicamente valida poiché si basa su approfondite e documentate ricerche bibliografiche e dall’Autore viene dedicata alla memoria dell’abate camaldolese Benedetto Guerra.Il libro tratta il culto delle reliquie, ma considera anche il punto di vista di pensieri contrastanti come quello sostenuto dagli iconoclasti, dai protestanti, dai calvinisti.L’Autore muove dalle difficoltà incontrate da Papa Eugenio IV nell’organizzare il Concilio, che primariamente doveva svolgersi a Basilea, poi fu pensato a Ferrara ed infine a Firenze.I partecipanti al Concilio furono unanimi nel riconoscere sommo merito al Generale dei Camaldolesi Ambrogio Traversari, il quale arringò in greco, meravigliando i conciliaristi sia per la profondità di pensiero che per l’eleganza della forma, particolarmente l’Imperatore Giovanni Paleologo, Giuseppe Patriarca di Costantinopoli e Bessarione Arcivescovo di Nicea. Quest’ultimo in segno di ammirazione donò a Traversari molti oggetti preziosi, fra i quali spicca la prodigiosa Mazza di San Giuseppe. Vincenzo Follini e Modesto Rastelli, Firenze Antica e Moderna, 1789 in 8 Volumi.Al volume IV, gli Autori dedicano il capitolo XI di 26 pagine, a questo Monastero dei Camaldolesi. Omettendo i fatti ormai noti, posso segnalare il richiamo allo storico Villani, il quale fornì una descrizione della veste dei primi monaci, consistente in una tonica bianca con sopraveste di color cenerino, con croce rossa in campo bianco, sotto il disegno di due stelle sovrastanti.Il libro narra degli effetti della peste del 1348 che causò la morte di oltre 100.000 persone: il Monastero subì perdite superiori alla media cittadina, per cui dal 1350 fu necessario fare affluire dall’eremo maggiore forze sostitutive.Altro episodio nefasto fu quello che colpì il Convento nel 1378 a causa del Tumulto dei Ciompi, allorquando fiumane di insorti assalirono gli edifici governativi e religiosi: cinque monaci rimasero uccisi, le fiamme divamparono. Il gagliardo intervento di Guido del Palagio e di Vieri dei Medici respinse l’aggressione, l’incendio fu spento a livello della sacrestia.Il capitolo si conclude con parole di doglianza per lo stato di abbandono in cui si trova l’incompiuto tempio del Brunelleschi alla mercè dell’intemperie del tempo e delle persone.Nel successivo capitolo gli Autori raccontano che dalla parte opposta della strada esisteva il Convento femminile di Santa Margherita, di qualche anno più giovane, e che nel 1342 il Vescovo di Firenze pose il Convento sotto la giurisdizione dei Monaci degli Angeli. Tuttavia, le religiose, ispirate dal pensiero della Beata Paola, pretendevano che nella zona, denominata Cafaggiolo, non potessero sorgere edifici di natura profana. Davanti a tale impossibilità esse preferirono trasferirsi.Sulle rovine sorsero abitazioni, come il Palazzo De’ Giugni, su disegno di Bartolomeo Ammannati. Luigi Santoni, negli anni quaranta dell’ottocento, scrisse due libri: Notizie storiche dell’Arcidiocesi di Firenze e Feste principali dell’Arcidiocesi Fiorentina.A pagina 67 del primo libro, l’Autore cita la donazione di Baldassar Coscia consistente nel dito indice e nella mandibola inferiore sinistra di San Giovanni Battista. Si discosta, quindi da quanto scritto da Richa, che attribuiva una mandibola a Sant’Ignazio Martire.Trattandosi di atti di Fede e non già di un processo indiziario, nulla va aggiunto. Nel secondo libro a pagina 65, Santoni, nella ricorrenza del 26 Luglio, ricorda la Festa della Chiesa dei Monaci degli Angioli, ove quel giorno veniva esposta la Spalla di Sant’Anna unitamente alla Mazza di San Giuseppe: per l’occasione i monaci avevano la facoltà di benedire con la Mazza gli agonizzanti, impartendo loro indulgenza plenaria. Nel corso del XIX secolo venne l’uso, particolarmente in Toscana, ancorché di ispirazione estera, di promuovere un certo tipo di editoria, rivolta ai cittadini ed ai forestieri desiderosi di apprendere nozioni di storia e di arte, legate al territorio. Nacquero così gli almanacchi, i calendari, i lunari, le guide.Ho ritenuto pertanto concludere questo mio lavoro con una rassegna di opere minori che si occuparono di questo argomento.  Notizie e Guida di Firenze, 1841Trattasi di una Guida di ben 613 pagine stampata in sole 300 copie a cura e spese del Granducato e regalata agli scienziati non toscani intervenuti ad un congresso scientifico. L’autore desiderò rimanere sconosciuto, tuttavia una indiscrezione proveniente dal tipografo fece fare due nomi: Pietro Thouar ed Emanuele Repetti. Indubbiamente due bei nomi della cultura dell’epoca, tant’è che il volume, nonostante la mole, è snello e sbriga i vari aspetti della città, con una chiarezza inusitata per quell’epoca. Il nostro argomento è trattato alle pagine 396-397 sotto il profilo artistico e 543-544 sotto quello storico, fornendo notizie di dettaglio, come quella di segnalare che le ceneri dello storico Benedetto Varchi riposano nella Chiesa degli Angioli. Federico Fantozzi, Guida della città di Firenze, 1842.Classica guida di oltre 790 pagine, di cui il capitolo 138 è dedicato alla Chiesa degli Angioli, con particolare attenzione rivolta ai tre chiostri: il primo, proiettato verso Via degli Alfani, portato a termine da Matteo Nigetti; il secondo, ritenuto il più importante, denominato dell’Ammannati; il terzo, quello della sacrestia, del Silvani.Al di là di questa stringata sintesi, volendo io evitare qualsiasi invasione su argomenti di natura artistica, posso assicurare che la Guida del Fantozzi risulta essere esauriente per il lettore medio anche nella descrizione della parte artistica.Nel 1845, sempre di Fantozzi, uscì Pianta geometrica della città di Firenze. Si tratta di uno stradario, composto di quasi 700 paragrafi, dedicato agli edifici cittadini; il libro è dotato di un indice estremamente analitico e quindi di facile consultazione.Il capitolo 421 è dedicato al Convento ed alla Chiesa degli Angioli; il lettore viene informato che «recentemente, parte del Convento è stato occupato per uso del contiguo Arcispedale di Santa Maria Nuova.» Giuseppe Formigli, Guida per la città di Firenze, 1849.È una graziosa guida di oltre 300 pagine, sicuramente utile per il cittadino ed il forestiero: ancora oggi la sua lettura suscita curiosità. Per quanto riguarda il complesso degli Angeli, esso viene trattato alle pagine 88/89 e la narrazione si conclude con la precisazione che «Cosimo pater patriae e Leone X furono educati in questo convento». Emilio Bacciotti, Firenze Illustrata, 1886, storia in 4 Volumi.L’Autore fornisce conferme e aggiunge che il tratto di strada in cui si trova il convento si chiamò anche Via degli Angeli ed era delimitato dal Canto di Monteloro ed il Canto della Catena. Il Bacciotti descrive Firenze illustrando le sue Strade, le sue Piazze, i suoi Angoli, suscitando nel lettore di oggi, quel dolente senso di nostalgia che forse ci è di aiuto nel districarci in questa quotidianità.
Data recensione: 01/01/2008
Testata Giornalistica: I “Fochi” della San Giovanni
Autore: Giancarlo Grazzini