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Credo profondamente nel valore maieutico e perfino terapeutico della pratica letteraria e narrativa in particolare, a mio avviso uno strumento quant’altri mai idoneo a sviluppare la ricerca di quel “sé”, la propria

Credo profondamente nel valore maieutico e perfino terapeutico della pratica letteraria e narrativa in particolare, a mio avviso uno strumento quant’altri mai idoneo a sviluppare la ricerca di quel “sé”, la propria identità personale, che chiama ognuno di noi a chiedersi senza infingimenti “chi siamo”, anzitutto di fronte a noi stessi e, subito dopo, nei confronti del mondo esterno. La scrittura può infatti assumere, proprio nella modalità dell’esplorazione creativa, la funzione chiave di favorire un processo d’identificazione che è, di per sé, espressivo e propende ad essere, per sua stessa natura, relazionale. Dal Fu Mattia Pascal di Pirandello al Diario proibito di Alba De Cèspedes la tradizione del romanzo italiano novecentesco fa spesso i conti con l’esperienza autobiografica affidata di norma al personaggio-narratore, sia uomo oppure donna, che ne è in carne ed ossa coscienza (La coscienza di Zeno) nonché motore, al proprio interno, di un cambiamento poi foriero di veri eventi nuovi nell’esistenza in divenire del protagonista così destinato a cambiare pelle. E un’altra donna, una donna nuova è senz’altro quella che emerge dal processo di scavo e di ritrovamento-riconoscimento capace di portare ad emersione un “sé” rinato alla vita che Mirella Branca disegna con precisione vorrei dire ottica, nel senso di una ricostruzione scientifica e quasi geometrica del profilo della donna nei panni della quale lei stessa come autrice e come donna investe tutta se stessa e si mette a nudo nell’essere più intimo, disposta a rimettersi seriamente in gioco, giorno dopo giorno, tale da essere la testimone sensibile di sé e della ricerca esigente e rigorosa che porta avanti con coraggio. Il percorso che Mirella Branca intraprende e conduce sino in fondo con invidiabile tenuta stilistica per nitore, esattezza, movenza leggera del discorso narrativo si snoda attraverso un lungo viaggio proprio di quel “sé” che, per rinascere ad un’esperienza inedita, l’io narrante ricostruisce pazientemente con minuziosa analisi degli elementi, rievocando fatti realmente accaduti ed i loro risvolti psicologici, senza peraltro tralasciare sul piano del sentire gli effetti propri della percezione interiore, le risonanze vissute dall’interno di una storia personale e familiare ramificata in una ben precisa rappresentazione ove l’aspetto privato e quello sociale si amalgamano con armonia. Così riprendono vita agli occhi della narratrice e di riflesso ai nostri occhi, quei personaggi che sono stati determinanti per la giovinezza dell’autrice: le sorelle e su tutti Antonietta, la madre. Al termine del suo iter, la protagonista, la donna, è divenuta come si è detto un’altra donna, nel solco di una lunga tradizione letteraria europea che affida la ricerca della verità personale e storica al recupero del rapporto con la terra d’origine in una dinamica di riappropriazione profonda del proprio background, ancora da Pirandello fino a Sciascia e da Calvino a Moravia per arrivare a un altro “diario” celebre: Lessico famigliare di Natalia Ginzburg. Nel suo romanzo d’esordio L’altra estate, Mirella Branca propone al lettore un efficace racconto dei giorni luminosi e caldi in cui ha potuto finalmente ritrovare la fragranza dei sapori e degli odori che la sua Terra dalle tinte forti sa offrirle a piene mani ogni volta che la attraversa, con in primo piano il mare ad aggiungere un senso di rasserenata solidità e quasi un taglio d’infinito allo sguardo indagatore della protagonista. La funzione-chiave che la forma “diario” assume nel lavoro narrativo di Mirella Branca pare allora soprattutto quella di diventare una sorta di talismano con cui l’autrice apre finestre impensate sulla conoscibilità del proprio mondo così come dei tanti diversi mondi inscritti nelle sfere personali altrui, quelle che incontriamo nel paesaggio tanto variegato della vita odierna di ognuno di noi. Auguro al romanzo di Mirella Branca un largo pubblico di lettori per un’altra sua non comune virtù, quella di saper accogliere il lettore come l’ospite desiderato dentro la propria storia scandita da un modo cristallino di narrare episodi, personaggi e paesaggi del Sud Italia.
Data recensione: 01/09/2008
Testata Giornalistica: Caffè Michelangiolo
Autore: Elena Gurrieri