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«L’ articolo di Contini sul Corriere della Sera non solo è bellissimo ma fa data: qualcosa come l’articolo di Montale nel ’25 per Svevo sull’ Esame». Così si affrettava a scrivere con

Lo scrittore Antonio Pizzuto torna in libreria con tutte le sue opere ristampate

«L’ articolo di Contini sul Corriere della Sera non solo è bellissimo ma fa data: qualcosa come l’articolo di Montale nel ’25 per Svevo sull’ Esame». Così si affrettava a scrivere con entusiasmo Vanni Scheiwiller allo scrittore Antonio Pizzuto dopo l’uscita sul quotidiano milanese – il 6 settembre 1964 col titolo La vera novità ha nome Pizzuto – del memorabile elzeviro continiano. Il primo a esserne particolarmente felice fu proprio Scheiwiller, non solo perché editore «minore» del narratore palermitano ma anche perché era il più convinto pizzutiano fra i non pochi estimatori di Pizzuto. Il giudizio epistolare del compianto Vanni è profetico se si pensa all’attuale rivalutazione critica di Antonio Pizzuto, l’ex questore palermitano e scrittore avanguardista che si mise in luce con originalissime opere di narrativa mezzo secolo fa, a partire dagli anni Cinquanta. Intanto, le lettere di Scheiwiller a Pizzuto, Saluti di corsa, sono adesso fruibili in una deliziosa plaquette in cinquecento esemplari numerati – a cura di Alessandro Fo, Antonio Pane, Claudio Vela – e raccontano la storia di una bella amicizia. Ma il crescente e quasi frenetico interesse da qualche anno a questa parte per tale autore è testimoniato non solo dalla mostra bibliografica con testi inediti «Le comparative simiglianze di Antonio Pizzuto», promossa nell’aprile scorso dal Dipartimento di italianistica all’Università di Firenze, ma soprattutto dalla pubblicazione di altri suoi carteggi (Nencioni, Contini, Spinelli, Piccolo) e della ristampa delle sue opere. Antonio Pane ha curato, fra l’altro, un’aggiornata bibliografia che dà notizia di un alacre lavoro critico in atto per il pieno recupero e rilancio di Pizzuto. Per le edizioni Polistampa, nell’anno in corso, sono usciti i libri Paginette e Ravenna, quest’ultimo con una testimonianza di Andrea Camilleri, che fu uno dei primi lettori di Pizzuto. Lo scrittore siciliano, che esordì clandestinamente con un romanzo autobiografico pubblicato a sue spese e sotto pseudonimo nel 1938, s’impose all’attenzione generale col romanzo Signorina Rosina quando già aveva sessantatré anni. Grazie alle segnalazioni di Roberto Bazlen e Sergio Solmi, questo libro nel 1959, dopo un’edizione meno fortunata apparsa tre anni prima, venne ripubblicata da Lerici in una collana diretta da Luzi e Bilenchi, inaugurando una fecondissima stagione creativa. Seguirono Si riparano bambole (1960), Ravenna (1962), Paginette (1964), Sinfonia (1966), Testamento (1969) e numerosi altri volumi. Dopo i primi calibrati riconoscimenti di lettori quali Luigi Baldacci e Giorgio Caproni e gli effimeri consensi della cosiddetta neoavanguardia, la fortuna critica toccò il suo culmine col famoso referto di Contini. Quindi, cominciò una parabola discendente legata in parte anche alla non immediata intelligibilità della sperimentale scrittura pizzutiana e quando l’ex questore morì a Roma, nel 1976, era già stato dimenticato. «La cultura italiana – scrisse indignato Vanni Scheiwiller all’indomani della sua scomparsa – che un anno fa ha finto di commuoversi di fronte a un tragico e ambiguo delitto (quello di Pasolini, ndr) pur di mettersi in vetrina, non poteva restare indifferente di fronte alla morte di Antonio Pizzuto, mancato pochi minuti prima delle ore 13 di martedì 23 novembre. Indifferente o imbarazzata di fronte al lavoro silenzioso e rigoroso del massimo prosatore d’eccezione che abbia oggi l’Italia: il più spericolato e d’avanguardia nonostante i suoi ottantatré anni». Ma per fortuna, e ne sarebbe contento in primis il caro Vanni, Antonio Pizzuto non è caduto nell’oblio come si temeva. A rileggerlo oggi, senza pregiudizi di sorta, il carattere non convenzionale della sua tecnica narrativa risulta meno astruso e più accessibile rispetto al passato, cominciando da Si riparano bambole (Sellerio, 2001) e Ultime e penultime (Cronopio, 2001), opere anche queste riproposte di recente in edizioni criticamente aggiornate che ora si possono reperire con facilità in libreria.
Data recensione: 30/08/2002
Testata Giornalistica: Gazzetta del Sud
Autore: Sergio Palumbo