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“Caro Ungaretti, le dico la mia emozione e la mia gratitudine di giovane uomo per quanto ho letto ora, per quanto ho finito di leggere ora, ma non di rileggere, le sue Poesie sulle «Tre arti» che me

Firenze, 28.08.2008 - “Caro Ungaretti, le dico la mia emozione e la mia gratitudine di giovane uomo per quanto ho letto ora, per quanto ho finito di leggere ora, ma non di rileggere, le sue Poesie sulle «Tre arti» che me lo dimostrano ancora stupendamente vivo e con gli occhi aperti per tutti noi. Capace, vorrei dire, di pregare per chi sa solo piangere”. Così Piero Bigongiari comunica il suo entusiastico e già affettuoso giudizio sull’opera poetica di Giuseppe Ungaretti, inaugurando un carteggio che proseguirà nel tempo all’insegna di un discorso, o meglio di un dialogo, “sulla” e “nella” poesia.
A cura di Teresa Spignoli, sarà in libreria dal prossimo martedì il volume «La certezza della poesia». Lettere 1942-1970 (Polistampa / Il Diaspro Epistolari 11, pp. 368, euro 24) che raccoglie tutto il carteggio intercorso tra i due poeti. Vi sono contenute 59 lettere di Bigongiari e 149 di Ungaretti, a coprire un arco cronologico che va dal 6 dicembre 1942 al 15 marzo 1970, alla vigilia della morte di quest’ultimo. 208 missive dunque, ben 194 delle quali inedite. Quando ha inizio lo scambio epistolare Bigongiari ha 28 anni, collabora stabilmente a riviste quali «Il Ferruccio», «Letteratura», «Frontespizio» e «Campo di Marte», ha pubblicato il suo primo libro di poesie (La figlia di Babilonia) e la sua tesi di laurea (L’elaborazione della lirica leopardiana) movendo i primi passi nel campo della prosa, con una serie di racconti che formeranno l’asse portante del “romanzo mancato” La donna miriade. Lo stesso anno Ungaretti ottiene la cattedra di Letteratura italiana moderna e contemporanea all’Università di Roma, ed è ormai un poeta affermato nel panorama italiano e non solo, con due raccolte di poesie tra cui quel Sentimento del Tempo, pubblicato nel 1933 a Firenze, prezioso viatico per la generazione di poeti ermetici costituitasi nella seconda metà degli anni Trenta. Il tono con cui si apre il carteggio è infatti quello dell’allievo che si rivolge al maestro, mantenendo tale connotazione nel corso del tempo, sebbene attraverso gli anni e la lunga frequentazione si arricchisca di una sfumatura sempre più affettuosa, nutrita della reciproca stima umana e artistica (“Davvero io le voglio un gran bene, e con me Elena. È la ‘certezza’ della poesia: un’‘allegria’ profonda, difficilmente sostituibile, pur in mezzo ai dubbi, ai quali, tra l’altro, uno si affeziona” scriverà Bigongiari a Ungaretti il 21 novembre 1951). L’arco cronologico coperto dallo scambio epistolare coincide con un lasso di anni centrali per la storia della letteratura italiana, dei quali condensa i principali temi e dibattiti, osservati dal punto di vista di due protagonisti di quella stagione culturale. Se da un lato il carteggio consente di tracciare il ritratto di un’epoca, dall’altro lato si situa in una zona di stretta contiguità con l’elaborazione artistica propriamente detta, sia per il suo intrinseco valore letterario, che per la sua capacità di farsi veicolo e, talvolta, vera e propria sede elaborativa di testi critici e poetici, come ad esempio il saggio ungarettiano sino a ora inedito Leopardi segreto o le diverse stesure delle poesie Ninnananna e Cantetto senza parole pubblicati nel volume.
Teresa Spignoli, dottore di ricerca in Lingue e culture del Mediterraneo, attualmente titolare di un assegno di ricerca presso il dipartimento di Italianistica dell’Università di Firenze, si occupa in ambito comparatistico dell’opera di Ungaretti e dell’ermetismo fiorentino. Ha pubblicato saggi e partecipato a convegni studiando l’opera di Pizzuto, Delfini e Testori. Per i tipi di Polistampa ha pubblicato la corrispondenza tra Betocchi e Pizzuto (Lettere 1966-1971).
Data recensione: 27/08/2008
Testata Giornalistica: Nove da Firenze
Autore: Irene Gherardotti