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Immagini dell’Italia, dall’Alto Adige alla Sicilia, di una terra satura di rimandi mitologici, storici e religiosi. Non immagini che documentano, ma immagini usate come metafore: pagine di un libro di poesie che raccontano,

Immagini dell’Italia, dall’Alto Adige alla Sicilia, di una terra satura di rimandi mitologici, storici e religiosi. Non immagini che documentano, ma immagini usate come metafore: pagine di un libro di poesie che raccontano, una per una, storie, frammenti, sensazioni, nel rigore del concentrato bianconero (inviolabile grammatica di un autore che si è formato sui maestri statunitensi del paesaggio e che ha fatto stilema di una rappresentazione rigorosamente fotografica, senza compromessi temporali). Immagini che non proclamano verità, ma pongono quesiti. Addirittura sull’Uomo e la propria presenza su questa Terra.
Presenze. Paesaggi italiani è il titolo dell’affascinante (e per certi aspetti filosoficamente inquietante) mostra di George Tatge, uno dei più rinomati e apprezzati fotografi italiani contemporanei (italiano d’adozione), a cura di Walter Guadagnini, che la prestigiosa Villa Bardini di Firenze ospita dal quattordici luglio al ventotto settembre, per la produzione di Ente Cassa di Risparmio di Firenze, con catalogo Polistampa.
Nato a Istanbul, educato negli Stati Uniti, prima giornalista e poi fotografo, da venti anni George Tatge si è stabilito in Italia, prima a Todi poi a Firenze, dove ha lavorato a lungo come direttore della fotografia della Fratelli Alinari. Ha pubblicato libri, partecipato a mostre collettive e allestito proprie personali, affermandosi come attento e convinto protagonista dell’espressione fotografica contemporanea, tanto che le sue immagini sono ben considerate e adeguatamente quotate nell’ambito del selettivo e prestigioso collezionismo internazionale.
In allineamento con la propria espressività, che si richiama, come accennato, a una colta e raffinata rappresentazione del reale, osservato con connotati di alta espressività visiva, nell’attuale Presenze. Paesaggi italiani George Tatge presenta un album di sessantasei composizioni, nella maggior parte inedite, che si aggiungono al lungo e differenziato progetto, mai abbandonato, al quale l’autore lavora da trenta anni: tema di vitale importanza, che nel corso del tempo si è trasformato in delicato paesaggio interiore. Come annotato, l’insieme di queste immagini esamina essenzialmente il modo con il quale l’Uomo si misura con la Terra: racconto in tre sezioni, che inizia dalla preistoria e approda ai residui della società post industriale dei giorni nostri.
La prima sezione, di avvio, propone paesaggi incontaminati: fiumi, boschi, montagne quasi verginali. Una natura che George Tatge avvicina e fotografa con rispetto e devozione, in virtù della sua solidità e Presenza intese come sinonimo di forza e dignità. La seconda sezione, interlocutoria ma proiettata alla conclusione, esplora i modi nei quali l’Uomo ha trasformato la Terra, facendola propria (e a propria immagine), con colture e insediamenti sovrapposti, che addirittura definiscono confini ed erigono barriere. Nella terza sezione, di approdo, il paesaggio naturale si riempie delle molte diverse strutture che l’Uomo ha edificato attorno a sé. In una sorta di celebrazione della Land Art, immagini che ritraggono le tracce dell’Uomo, la sua personalità.
Ad evitare equivoci, va rilevato e precisato che Presenze. Paesaggi italiani non è assolutamente una raccolta fotografica di denuncia del degrado ambientale, che spetta ad altro tipo di raffigurazioni e intenzioni sociali, quanto una sorta di trasparente poema epico. Come spesso annotiamo – e ancora è necessaria la ripetizione del concetto-, George Tatge si rivolge all’osservatore, che con riguardo vine accompagnato in un lieve e palpabile viaggio dall’Innocenza all’Esperienza, durante il quale esplora simboli, sacre geometrie e archetipi visivi, ossia le Presenze che animano il mondo e caratterizzano il lungo e complesso rapporto di convivenza tra Uomo e Terra.
George Tatge ha sempre frequentato e svolto una fotografia ricca di simboli ed epifanie, aperta a più strati di interpretazione: ogni immagine deve essere quindi letta a lungo, affinché se ne possano cogliere i dettagli, fino a penetrare la superficie apparente, per approdare ciò che effettivamente rappresenta. In questo senso, il lessico fotografico dell’autore è chiaro e diretto, e si basa su una sua irrinunciabile qualità artigiana, dalla ripresa (previsualizzazione) ai tempi dell’ingrandimento e stampa in camera oscura, che conferisce alle singole immagini l’indispensabile nitidezza dei particolari e la sicura ricchezza dei toni, che invitano a uno sguardo lungo e meditativo. Poco a poco, diventa chiaro come ogni inquadratura, oltre a raffigurare un luogo, diventa riflesso dell’anima. Lo specchio, appunto, di un paesaggio interiore.
Infine, un’annotazione tecnica, ma anche di procedura e fonte di linguaggio espressivo, che chi comprende sa ben apprezzare: George Tatge inquadra e compone dal vetro smerigliato di una Deardorff grande formato (13x18cm, nel suo caso; FOTOgrafia, maggio 1998). E ancora sarebbe opportuno riflettere sulla consecuzione tra tecnica e creatività, tra strumento fotografico e linguaggio relativo e conseguente. Chi sa, non ha bisogno di altre parole; chi non sa, non è raggiungibile da nessuna approfondimento e alcuna altra meditazione.
Tanto basti.
Data recensione: 01/06/2008
Testata Giornalistica: Fotographia
Autore: ––