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Immagini dell’Italia, dall’Alto Adige alla Sicilia, di una terra satura di rimandi mitologici, storici e religiosi. Non immagini che documentano, ma immagini usate come metafore, come pagine di un libro

FIRENZE aise - Immagini dell’Italia, dall’Alto Adige alla Sicilia, di una terra satura di rimandi mitologici, storici e religiosi. Non immagini che documentano, ma immagini usate come metafore, come pagine di un libro di poesie che raccontano, una per una, storie, frammenti, sensazioni, nel rigore del bianco e nero. Immagini che non proclamano verità, ma che pongono quesiti sull’uomo e sulla sua presenza su questa terra.
"Presenze. Paesaggi italiani" è appunto il titolo dell’affascinante e per certi aspetti filosoficamente inquietante mostra di George Tatge, uno dei più rinomati e apprezzati fotografi dell’Italia, che Villa Bardini ospita dal 15 luglio al 28 settembre, per la produzione di Ente Cassa di Risparmio di Firenze e la curatela di Walter Guadagnini.
È un nuovo contributo che Ente Cassa e Fondazione Parchi Monumentali Bardini e Peyron propongono nel contesto di un programma di iniziative che hanno per scopo la valorizzazione del paesaggio e del rapporto tra uomo e natura. "Non si tratta di un esercizio di presunzione", spiega il presidente Edoardo Speranza, "bensì di un’assunzione di responsabilità, di un sentimento profondo che scaturisce da una radicata cultura ambientale".
Nato a Istanbul, educato negli Stati Uniti, prima giornalista e poi fotografo, Tatge si è stabilito ormai da due decenni a Firenze, dove ha lavorato a lungo come direttore della fotografia della Fratelli Alinari. Ha pubblicato libri, partecipato a una infinità di mostre ed è dunque una star indiscussa dell’obiettivo, oggetto di attento collezionismo internazionale.
In questa nuova esposizione presenta un album di 66 scatti, quasi tutti inediti, che arricchiscono una serie dedicata al paesaggio, alla quale Tatge lavora da 30 anni, facendone tema di tale primaria importanza da trasformarlo, nell’arco della carriera, in paesaggio interiore. Nella circostanza esamina essenzialmente il modo con cui l’uomo si è fin qui misurato con la terra. È un racconto in tre sezioni, raccolto anche nel catalogo Polistampa che accompagna la mostra, che inizia dalla preistoria e approda ai residui della società post industriale, ossia ai giorni nostri.
La prima è la sezione dei paesaggi incontaminati. Fiumi, boschi, montagne quasi verginali. Una natura che Tatge vede con rispetto e devozione in virtù della sua solidità, della sua presenza intesa come sinonimo di forza e dignità. La seconda sezione esplora invece i modi in cui l’uomo, con le sue colture e i suoi vari insediamenti, la terra l’ha bene o male trasformata e fatta propria, definendo confini ed erigendo barriere. Infine il paesaggio naturale inizia a riempirsi, nella terza sezione, delle molte diverse strutture che l’uomo ha costruito intorno a sé. In una sorta di celebrazione della Land Art, ecco anche immagini che ritraggono le tracce dell’uomo, il suo trovarobato.
Ad evitare equivoci, va detto che "Presenze" non è tanto una mostra di denuncia del degrado ambientale, quanto una specie di poema epico. L’artista ci porta quasi antropologicamente per mano in un viaggio dall’innocenza all’esperienza, con lo scopo di esplorare i simboli, le sacre geometrie, gli archetipi visivi, ossia le Presenze che animano il mondo e che caratterizzano il lungo e complesso rapporto di convivenza tra Uomo e Terra.
Tatge ha sempre prediletto una fotografia ricca di simboli ed epifanie, aperta a più strati di interpretazione: ogni immagine deve quindi esser letta a lungo perché se ne possano cogliere i dettagli fino a entrare sotto la pelle di ciò che essi rappresentano. Peraltro, Tatge stampa da sé e questa sua qualità artigiana contribuisce non poco a dare alle immagini la speciale nitidezza dei particolari e la sicura ricchezza dei toni, che invitano a uno sguardo lungo e meditativo. Poco a poco, diventa chiaro come ogni fotografia, oltre a raffigurare un luogo, può diventare il riflesso dell’anima. Lo specchio, appunto, di un paesaggio interiore.
"Fotografare la natura nel XXI secolo è particolarmente difficile. Tatge, come molti americani oltre cent’anni prima di lui, è stato sedotto dall’Italia come soggetto", scrive Barbara Novak nel testo critico in catalogo, "e si è sforzato registrarne quell’elemento magico sopravvissuto nella terra in cui Henry James trovò "vecchie cose rese dolci dall’età… con la natura che aiuta il tempo allo stesso modo in cui una dolce, instancabile e ingenua sorella aspetta un fratello dalle membra stanche e dalla vista debole che siede con la schiena appoggiata ad un muro riscaldato dal sole"".
Infine un particolare tecnico che gli appassionati sapranno ben apprezzare: tutte le foto sono state realizzate con una Deardorff, la leggendaria macchina a soffietto capace di produrre negativi di grande formato. (aise) 
Data recensione: 15/07/2008
Testata Giornalistica: Aise
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