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Sigfrido Bartolini se n’è andato un anno fa. Il suo ultimo lavoro è stato la realizzazione delle quattordici vetrate moderne per la chiesa dell’Immacolata di Pistoia, perché Bartolini era anche questa cosa qui, un incredibile

Sigfrido Bartolini se n’è andato un anno fa. Il suo ultimo lavoro è stato la realizzazione delle quattordici vetrate moderne per la chiesa dell’Immacolata di Pistoia, perché Bartolini era anche questa cosa qui, un incredibile impasto di antico e di moderno, il tenace assertore di un’idea dell’arte come servizio e come comunione con il popolo, la pittura che si perpetua come racconto all’aperto e che viene letta negli anni e nei secoli, l’artista che nel suo essere relegato fra quattro mura di un salotto borghese, sconta in fondo la condanna per aver smarrito il suo senso più profondo. A distanza di otto anni dalla grande personale che la Triennale di Milano gli dedicò , la Mostra di Acqui Terme ha ora il merito di storicizzare la sua opera e il visitatore troverà, nel catalogo che la accompagna, le «chiavi» che spiegano prestiti e innesti, accostamenti e innovazioni, filiazioni e radicali differenze. Ma a noi, che critici d’arte non siamo, sarà consentito osservare che nulla è più lontano della pittura di Bartolini di un approccio intellettuale, ovvero il quadro spiegato e analizzato come fosse un romanzo o un saggio. La pittura ha un suo linguaggio che è fatto di spazi e di volumi, di colori e di proporzioni ed è questo che lui ha sempre cercato di fare al meglio, la manualità intesa come sapienza artigianale, l’affrontare e risolvere i problemi che si presentavano sulla tela. Nato in un secolo che non era il suo, Bartolini al suo tempo non ha concesso nulla. Non ha mai brigato per avere un premio, non si è mai tirato indietro nel difendere un idea che riteneva giusta, ha condotto le sue battaglie senza chiedere niente in cambio, come un dovere di cui non bisognasse fare un merito. A metà degli anni 90 fu critico autorevole e prezioso del Giornale, una scrittura lineare, accompagnata da una vena ironica, tipicamente toscana con cui stemperare quella che lui chiamava la grande impostura dell’arte: lo strapotere dei critici e dei mercanti, l’eccesso delle mode, l’oscurità voluta di una certa avanguardia fine a sé stessa. Era un solitario fedele alle amicizie, uno che ha attraversato l’avventura astratta o informale, con tutto il suo corteo di cordate e compiacenze, scandali e quattrini, tenendosi coerente al suo figurativo, casali, marine, nature. Ma era un figurativo anomalo, ovvero senza figure, dove l’essere umano e rimanevano le vestigia del suo passato, casali che sembrano fortezza, spiagge deserte, paesaggi con rovine.Ha avuto una vita piena Sigfrido Bartolini, anche dolorosamente piena, sofferta eppure mai doma, sempre libera. Ogni tanto mi sorprendo a pensare quale sarebbe il suo commento su quel tale artista famoso, su quel talaltro politico sulla breccia e mi resta la malinconia per uno spirito controcorrente a cui non possiamo più chiedere come comportarci.
Data recensione: 27/06/2008
Testata Giornalistica: Il Giornale
Autore: Stenio Solinas