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Il Psi muore nel 1994. L’anno, guarda caso, in cui Silvio Berlusconi, il tycoon delle tv private, fedelissimo di Bettino Craxi, va a Palazzo Chigi. Fine della prima Repubblica, va in onda la

Il Psi muore nel 1994. L’anno, guarda caso, in cui Silvio Berlusconi, il tycoon delle tv private, fedelissimo di Bettino Craxi, va a Palazzo Chigi. Fine della prima Repubblica, va in onda la seconda. Un anno cruciale della storia repubblicana. Da cui Lelio Lagorio, ex granduca di Toscana, ex ministro socialista, craxiano della prima ora, parte nel suo ultimo libro, “L’esplosione. Storia della disgregazione del PSI”, edito da Polistampa. Parte dalla fine, Lagorio. La fine del Psi. La sua esplosione, appunto. Perché è morto il partito socialista italiano?, si chiede Lagorio.
Il libro, scritto con agile penna di politico imprestato al giornalismo, tenta di ricostruire la storia del tramonto del PSI dando una sua risposta agli interrogativi che quell’epoca ancora suscita nell’opinione pubblica e facendo parlare fatti e documenti. Ovviamente è una ricostruzione di parte. La parte di Lagorio che per venticinque anni è stato nella direzione socialista e nel periodo in cui questo libro si riferisce (1990-1994) è stato membro della segreteria del partito. Libro però non fazioso. Libro che vale più come testimonianza di un protagonista dell’esplosione che per l’inviduazione delle cause della fine del Psi. Una testimonianza di alto livello documentario perché Lagorio pubblica il diario degli appunti che era solito prendere ad ogni riunione del partito. Quasi una sorta di verbali. Scritti però non in forma notarile, oggettiva ma con taglio politico. Documenti di cui gli storici dovranno tener conto.
Sulle cause Lagorio sbarazza il campo da una sorta di giustificazionismo che in questi anni ha aleggiato negli ex socialisti. La giustificazione secondo la quale il Psi sarebbe morto per responsabilità dei giudici. Un partito vittima non dei propri errori ma di una presunta vocazione golpista dei cosiddetti giudici rossi. Un partito morto non per consunzione della propria politica ma per decapitazione togata. Sì, anche i giudici sono una causa, spiega Lagorio, ma non la “vera” e comunque non la “sola”. Ci sono anche altri fattori. Esterni: poteri forti, ambienti internazionali, avversari. Interni: errori politici e divisioni del gruppo dirigente del PSI. Lagorio dice che «il libro non è la storia di una sconfitta, ma la storia di una vittoria ideale che non si è trasformata in vittoria politica». E’ forse qui sta una delle ragioni del fallimento di resuscitare il Psi. Perché gli ex socialisti sono ancora convinti di aver visto giusto e che solo «un destino baro e cinico» (per dirla alla Saragat), ha impedito loro la “vittoria politica”.
Data recensione: 21/09/2004
Testata Giornalistica: Il Tirreno
Autore: Mario Lancisi