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Prendere coscienza del tempo liturgico è una grande opportunità per provare a fare chiarezza dentro di sé, preparare la mangiatoia a qualcun altro. Siamo dunque alle porte del Natale e l’Avvento, tra le altre domande

Prendere coscienza del tempo liturgico è una grande opportunità per provare a fare chiarezza dentro di sé, preparare la mangiatoia a qualcun altro. Siamo dunque alle porte del Natale e l’Avvento, tra le altre domande che propone, sembra sottolinearne due, per credenti e non: quale è la tua attesa? Che fai per la sorte dei più piccoli? Cerchiamo di declinare queste domande in alcune letture. Contemplare l’infanzia da genitori o nel tempo dei bilanci, individuando una stagione della vita che richiama con delicatezza il volto di persone scomparse e nel loro primo esserci, è forse volere parlare anche alla migliore parte di sé, guardarsi nello specchio da adulti e ritrovare nei tratti riflessi che quella innocenza non si è perduta davvero… Giovanna Fozzer (1932), trentina trapiantata a Firenze, filologa, insegnante, saggista e poetessa, ma anche traduttrice di autori religiosi come Silesio, compie nel ‘Poemetto dei bambini’, edito da Polistampa (collana ‘La Fenice’ diretta da Pier Francesco Venier), una duplice riflessione in forma di poesia, nel poemetto stesso, e di prosa poetica nel racconto ‘Estati e inverno’; nel primo sull’infanzia degli altri, del fratello, delle creature “disamate” e disarmate; nel secondo sul suo essere stata bambina, con il sigillo della gratitudine. Dunque lo specchio e l’altra parte dello specchio. Maria Di Dio, poetessa di Gela che ha scelto Firenze come città di elezione, ne ‘Le ali del condor’ (ed. Agemina) dipana passioni umane e letterarie, che andrebbero sottoposte a un più approfondito vaglio formale per riuscire bene nella loro interezza, mantenendo così il tono che hanno queste due poesie: ‘La casa dell’anima’ e ‘La barcaccia’. La prima:  “Vi è una casa nel fitto/ del bosco dove ogni cosa/ è nella chiaroveggenza/. C’è un ordine pulito/ e lieto, nessun orpello/ è d’ingombro, nessun dubbio./ Nella calma assoluta/ vi dimora Sofia adagiata/ su morbidi guanciali./ Io resto fuori nell’indigenza/ col vento che mi fa pencolare/ e pur essendo quella la mia casa/ non riesco a varcare la soglia/ perché l’ignavia mi ha resa cieca e inabile”. La seconda: “I fianchi percossi/ dalle maree/ qualche sbiadito ricordo/ di vernice rossa./ Dolente di naufragi/ la barcaccia/ aspetta l’alta marea/ che la riporti al largo./ Il vento sleale/ attraverserà i fori/ della vela sfilacciata/ e sornione la inclinerà su un lato./ Meglio l’inabissarsi/ che la lenta agonia/ col sole che sghignazza/ sul corpo che langue”. Liberarsi dall’idea di aver capito, ritrovando un po’ di leggerezza, è una buona idea per l’avvento. Ne ‘L’inventore del semaforo’ – ed. Esuvia - Paolo Codazzi constata che “affabulando ha capito di non aver capito niente: Né prima né dopo./ E forse neanche ora. Tutto questo in parentesi osservando/ quella cometa che gioca fra Fiesole e Settignano” E’ la risposta a quel pazzo di Paul Taine, coevo di Robespierre, soggetto-oggetto del suo libro, che voleva inventare una macchina per regolare i movimenti nella storia. Un altro modo, insomma, per applicare la ghigliottina. L’avvento ce ne scampi e liberi.
Data recensione: 14/12/2008
Testata Giornalistica: Toscana Oggi
Autore: Michele Brancale