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Nonostante il titolo Facile da ricordare (Polistampa) il suo libro è tutt’altro. Racconta di personaggi straordinari, conosciuti nell’intimo di una frequentazione familiare, persino affettuosa. Descrive ambienti che appartengono

Con l’ex prima ballerina del Kirov di San Pietroburgo, che ora si dedica al teatro, continua la serie sulle giovani eredi: «Per amore della danza sono andata in Russia da sola, a 13 anni». «Tra i miei antenati, la Gioconda e Francesco Guicciardini»Nonostante il titolo Facile da ricordare (Polistampa) il suo libro è tutt’altro. Racconta di personaggi straordinari, conosciuti nell’intimo di una frequentazione familiare, persino affettuosa. Descrive ambienti che appartengono a un’epoca recente, eppure scomparsa. Parla della Russia della perestrojka e della glasnost, che appena si apriva all’Occidente. Parla di Rudolf Nureyerev,del Kirov di San Pietroburgo, ma anche di Gregory Peck, di Alberto Sordi e di molti fatti meravigliosi. Natalia Strozzi, primogenita dei principi Girolamo e Irina, l’ha scritto e ne ha fatto la sua biografia. Un’idea assolutamente insolita, per una giovane nel mezzo di quell’età in cui si va ad afferrare il futuro.
«Non volevo che andasse perduto niente di quello che avevo visto», dice , «soprattutto di quei sogni che si sono trasformati in realtà. Sono diventata un’étoile della danza. Ho accettato sacrifici e difficoltà, senza mai arrendermi. Avevo 13 anni quando, da sola, partii per l’Unione Sovietica: è cominciata da lì la mia grande avventura». Oggi Natalia di anni ne ha 31, ha messo da parte tutù e scarpette, per concentrarsi sulla carriera di attrice.
«Mi piacerebbe interpretare un film storico, in fondo si legherebbe alla trama delle storie e ccellenti che, nei secoli, si sono sviluppate intorno alla mia famiglia».
Per prima quella più famosa, La Gioconda di Leonardo da Vinci che sarebbe, ma per alcuni non è, il ritratto di una sua antenata?
«Eppure basterebbe confrontare la stupefacente somiglianza con la mia nonna paterna. E poi c’è l’albero genealogico a confermarlo, ci sono le pagine del Vasari. In questi giorni, in Germania è stato ritrovato un testo del Vespucci, che fu amico fraterno di Leonardo, e che narra di una visita al pittore, proprio mentre dipingeva il quadro di Monna Lisa Gherardini del Giocondo. A parte Monna Lisa, del resto, risultiamo imparentati con Winston Churchill e con il celeberrimo Francesco Guicciardini di cui fu segretario niente meno che Machiavelli».
Il suo nome esatto sarebbe perciò Guicciardini Strozzi?
«Sono Strozzi e basta. La dicitura Guicciardini Strozzi riguarda l’azienda di Cusona, di nostra proprietà sina dal 994 d. C, e che produce attualmente 23 etichette di vini, tra cui la vernaccia, citata da Dante e dal Boccaccio».
Fu la passione per la danza a portarla a San Pietroburgo?
«Si, un’amore travolgente nato nell’infanzia. Credo abbia contribuito l’avere una nonna materna russa (porto il suo stesso nome), che conservò con me e mia sorella Irina le tradizioni del suo paese e delle sue origini (discendeva, a sua volta, da San Stanislao, di cui era molto devoto papa Giovanni Paolo II. E così noi ragazze abbiamo imparato bene la lingua. Per l’esattezza io ne parlo cinque e mia sorella ben sette. I miei ne consideravano fondamentale la conoscenza e cominciarono a insegnarcele prestissimo. Mia madre con noi piccolissime si esprimeva esclusivamente in russo, facendo addirittura finta di non capire se sbagliavamo. Più tardi verso i 5 o 6 anni, all’ora del bagno, iniziò con il francese, in modo da associare quel momento della giornata al nuovo linguaggio, facilitando il nostro apprendimento».
I suoi furono d’accordo a lasciarla partire, da sola, a 13 anni?
«Si arresero all’evidenza di quel mio grande amore. Con coraggio, assecondarono i miei desideri. Ci mise una parola anche Gregory Peck, che disse a a mio padre: “Natalia appartiene all’arte non la puoi trattenere”. Andai a studiare all’Accademia Vaganova. Tempi meravigliosi e terribili. San Pietroburgo e la Russia di allora non sono paragonabili al progresso e alle comodità che vennero dopo. Dormivo per terra, in un appartamento buio e fatiscente. Nell’ombra di quelle mura temevo sempre che qualcuno mi aggredisse col coltello. Ero obbligata a scaldarmi l’acqua per lavarmi e a portarmi dall’Italia valigie colme di medicine e di cibo che lì non si potevano reperire. Ma era nulla di fronte al sogno di ballare al Kirov, più della Scala, più del Metropolitan. Debuttai da étoile e mi sembro di raggiungere il paradiso».
Danzò con Nureyev?
«Più volte. Consideravamo Nureyev uno della famiglia. L’avevamo conosciuto a Firenze dopo la sua fuga oltre la cortina di ferro. Detestava gli alberghi. Per questo aveva le chiavi del nostro palazzo. Ho di lui ricordi tenerissimi e foto private che ho pubblicato nel mio libro. Mi ha insegnato tutto. Una volta sulla spiaggia infilò il piede nella sabbia per spiegarmi il modo giusto per danzare, come se quel piede dovessi infilarlo dritto nel legni del palcoscenico. Mi svelò i segreti della tecnica di Margot Fontein, la sua celebre partner che è nell’olimpo del balletto».
Perché ha appeso le scarpette al chiodo?
«Per prendere la maturità. A un certo punto dovevo scegliere, o rientrare per completare gli studi o debuttare in Giselle. Preferii tornare. Ero sicura di continuare dopo il mio percorso artistico. Non è accaduto, invece, ma mi sono dedicata alla recitazione. Sono, comunque, nello spettacolo che è la mia vocazione: ho alle spalle circa dieci anni di teatro e suono il pianoforte».
Insomma è questa la sua carriera ormai?
«Insieme all’azienda di famiglia, per cui curo le pubbliche relazioni. Mia sorella, che ha 26 anni, si occupa di economia».
È sposata, fidanzata?
«Ho qualcuno, ma non aggiungo di più».
In che consiste il vostro patrimonio attualmente?
«Cusona presso San Gimignano, con i suoi circa 600 ettari di boschi, riserve di cacce e vigne. Si aggiungono le tenute di Bolgheri e dell’Isola di Pantelleria, dove produciamo il passito. Palazzo Strozzi, a Firenze, fu venduto al comune nel 1938 e oggi ospita mostre di richiamo internazionale. Ad alcuni cugini spetta anche un’ala di Palazzo Guicciardini. Non sono gli unici beni. Mi sembra altrettanto rilevante l’eredità morale dei valori che ho ricevuto dalla mia famiglia. Tre fondamentali: la volontà di dover essere sempre sé stessi, in ogni circostanza dell’esistenza. L’umiltà, che è una virtù dei grandi; in fine il rispetto assoluto per gli altri. Questi sì, li ritengo dei privilegi».
Data recensione: 03/06/2008
Testata Giornalistica: Diva e donna
Autore: Silvana Giacobini