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Il prossimo 29 maggio, alla Biblioteca Centrale Nazionale di Firenze verrà presentato il libro di Massimo Griffo Amaritudine (Selezione narrative Polistampa, 390 pagine, 15 euro). Il nuovo romanzo di Griffo – collaboratore

Il prossimo 29 maggio, alla Biblioteca Centrale Nazionale di Firenze verrà presentato il libro di Massimo Griffo Amaritudine (Selezione narrative Polistampa, 390 pagine, 15 euro). Il nuovo romanzo di Griffo – collaboratore di diversi periodici e riviste letterarie, tra cui la Nazione, il Giornale, Vogue, Ad, è un’osservazione realistica della storia d’Italia dal 1944 al 1993 attraverso gli occhi di personaggi, alcuni veri altri frutto dell’immaginazione. Protagonista è Gualtiero, un uomo semplice, si potrebbe dire ingenuo, che vive quasi inconsapevolmente gli anni della guerra e della ricostruzione, dell’euforia del boom economico, del furore ideologico delle sigle terroristiche nella stagione degli anni di piombo. Fino al vuoto senza orizzonte lasciato dalla sparizione dei vecchi e comodi schemi, al riflusso degli anni 80 e agli ultimi rigurgiti della Prima Repubblica. È il fil rouge esistenziale di Gualtiero è proprio quella «amaritudine», un termine desueto del linguaggio letterario che segna l’amarezza e l’afflizione degli onesti nei confronti di quella parte di società che invece si china alla volgarizzazione e si fa prevaricatrice prima di principi e poi di leggi. Una parabola dei semplici ma non degli innocenti immortalata dalla scrittura distaccata di Massimo Griffo- palermitano di nascita ma fiorentino di adozione (a Firenze vive ormai da molti anni) – a cui riesce nell’impresa di raccontare una certa italianità senza imporre giudizi morali. Insomma una narrazione di fatti che non disturba il lettore con intrusioni né con opinioni, affidando al solo Gualtiero il ruolo di vittima – e complice – di un paese che non sa allontanare da sé i propri fantasmi sottoforma di «acrobati, giocolieri e pagliacci» che lo popolano. L’autore, però, non si fa portavoce di un messaggio nichilista, ma anzi mette a nudo i vizi e i difetti di un’Italia che non vuole e non può perdere la speranza di essere migliore di come è. E nelle quattro lettere che sono al principio del titolo, «amar», è riassunto tutto l’orgoglio, e insieme l’auspicio, per un imminente riscatto: come un colpo di reni per uscire dal pantano di una certa Italietta «piccola e meschina». Alla Tribuna Dantesca della Biblioteca Nazionale Centrale, insieme all’autore discuteranno del libro anche Marino Biondi e Giovanni Cipriani, entrambi professori dell’Università di Firenze.
Data recensione: 25/05/2008
Testata Giornalistica: Il Giornale della Toscana
Autore: Michele Morandi