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Nel mondo occidentale il mito della Chimere ha attratto l’attenzione di molti artisti, scrittori, studiosi. Ugo Bardi, che non è un mitologo ma un uomo di scienza, ce ne dà uno studio serio, ben meditato, e steso con uno

Nel mondo occidentale il mito della Chimere ha attratto l’attenzione di molti artisti, scrittori, studiosi. Ugo Bardi, che non è un mitologo ma un uomo di scienza, ce ne dà uno studio serio, ben meditato, e steso con uno stile snello, chiaro, laconico («Il libro della Chimera», pp145, edizoni Polistampa, Firenze, 2008 Euro 13,00). innanzitutto ci fa capire che oggi la parola”Chimera” significa qualcosa di irrealizzabile, un ideale irraggiungibile, un sogno. E poi con approcci diversi, da quello etimologico a quello storico a quello antropologico, ci presenta un’analisi dilatata dell’origine della Chimera, un mitico mostro con la faccia di leone, con il mezzo di capra, e con la coda di serpente, e ucciso da Bellerofonte in sella al suo cavallo alato, Pegaso. Le prime raffigurazioni di questo mostro fantastico appaiono nelle opere di Omero e di Esiodo che gli attribuiscono il sesso femminile, che poi sarà la costante delle sue rappresentazioni letterarie e iconografiche tanto che animerà il gioco sulla doppia identità maschio-femmina. Omero ne individua anche la natura “divina”. La rappresentazione del mito della Chimera viene elaborata da altri scrittori greci, come da quelli romani. Ne aggiungono una dovizia di dettaglli e di particolarità, da Pindaro a Euripide a Virgilio, creando tante versioni dell’immagine di un eroe in cerca dell’avventura e della figura del mostro che si identifica persino con il “vulcano”, e da questo dà l’opportunità a Brdi di compararlo al mito della Sfinge, della Sirena, della Medusa; valutarne le numerose evoluzioni e variaziassunte nelle favole diogni tempo, nelle leggende e nelle narrazioni orali, in culture diverse, come nella cultura orientale dove il mitico mostro diventa “l’incarnazione di divinità femminili”; di considerare le interpretazioni che se ne fanno non solo nel campo della letteratura ma anche in quello delle arti figurative nel Medioevo, nel Rinascimento, e nel mondo moderno dove la Chimera diventa un’immagine che si appropria di diverse di fresche deformazioni, prende forme insolite tese a comunicare vecchi e nuovi messaggi, inclusa quella diuna donna avvenente “che domani un leone”.Particolarmente estesa è l’analisi dello studioso sul ritrovamento della statua di bronzo della “Chimera di Arezzo” (“La storia della Chimera s’intreccia con quella degli Etruschi, che ce ne hanno lasciata un’immagine notissima nella Chimera d’Arezzo, portata alla luce nel 1553”), sul suo trasferimento nell 1954 a Firenze (“insieme alla Chimera, si portano a Firenze anche parexxhi bronzetti più piccoli, anceh dei frammenti della coda”) e sull’attenzione che riceve dal pubblico d’intellettuali d’allora, dai Medici a Giorgio Vasari, da Benvenuto Cellini ad altri personggi illustri, sui restauri che se ne fanno sulla sua collocazione in vari musei fiorentini(ad es. Palazzo Vecchio, Gli Uffizi, Museo Archeologico di Palazzo della Crocetta), su come “si inserise perfettamente nell’arte greca e estruscantici” e su come nei secoli si diffonde in tutta l’area dell’arte mediterranea, e sulla sua influenza sull’arte contemporanea. Infatti questo mostra che l’(anti)-eroe della cultura postmoderna e l’eroe dell’antichità non riescono mai a liberarsi delle fobie, degli incubi, dei misteri, cioè delle creature mitologiche imparentate con il mostro della Chimera, perché i veri mostri sono nell’antro della sua testa e coscienza, inquientante continua a combatterli senza mai assaporare la vera vittoria. Per Dino Buzzati che ama rimanipolare i mostri dei miti classici, il mostro chimerico della società postmoderna è il consumismo, il progresso, il neocapitalismo (che viene chiamato anche globalizzazione), come evidenzia la realizzazione negativa di tanti uomini d’affari nelle sue opere. In quest’accezion esi manifesta il simbolo del mostro chimerico negli scrittori di diverse generazioni del postmodernismo (ad es. Walter Siti, Antonio Franchini, Aldo Nove), a cominciare sopratutto da quelli americano che ne hanno creato i canoni. Come illustrano i racconti di John Barthche si ispirano a tanti miti dei mostri della letteratura classica. E il suo romanzo “Chimera”, del 1972, vuole essere un’opera complessa e raffinata di un deluso Bellerofonte che in prima personea narra le sue (dis-)avventure, molte delle quali simbolizzano la difficoltà dell’uomo odierno di annullare i mostruosi misteri che lo soffocano, di frenare i passi aberranti della globalizzazione, che è nelle mani di pochi potenti, specie delle multinazionali che annullavano la popolazione di ogni paese, che si interessano solo di incassare ingenti profitti; tutti temi che riaffiorano incessantemente nelle opere di non pochi scrittori postmoderni la cui musa è ilmostro dalla triplice personalità, dal romanzo “La Chimera” (1996)di sebastiano vassalli al romanzo “Chimera” (2000) di Will Shetterly, al rimanzo “The Etruscan Chimera” (2002) di Lyn Hamilton.
Data recensione: 28/12/2008
Testata Giornalistica: America Oggi
Autore: Franco Zangrilli