chiudi

«Onofrio Pepe è un mitografo». In questa definizione del professor Sergio Givone dell’Università di Firenze è condensata la cifra artistica del grande scultore di origine salernitana, che nel capoluogo toscano – in

  Onofrio Pepe, “Clizia”, 2007, terracotta policroma, cm. 37x50Onofrio Pepe. ATHENA IN ATHENAEUMLa dea della sapienza torna simbolicamente “a casa” grazie ad una mostra del grande scultore salernitano, allestita nel chiostro del Rettorato dell’Università di Firenze«Onofrio Pepe è un mitografo». In questa definizione del professor Sergio Givone dell’Università di Firenze è condensata la cifra artistica del grande scultore di origine salernitana, che nel capoluogo toscano – in una piccola bottega nell’Oltrarno stipata di opere – da molti anni si cimenta nella rilettura dei miti classici greco-romani. Dopo numerose personali e riconoscimenti anche all’estero, da oggi e fino al 4 luglio l’Università di Firenze gli dedica “Athena in Athenaeum”, una mostra di particolare suggestione allestita nelle parti monumentali del Rettorato, in Piazza San Marco.Un allestimento in cui predomina la dimensione verticaleL’esposizione, curata dal professor Francesco Gurrieri, presenta ventiquattro tra bronzi e terrecotte, per lo più erme e stele, in un allestimento (progettato dall’architetto Samuele Caciagli) nel quale predomina la dimensione verticale. Onofrio Pepe, “Athena”, 2007, bronzo, h. 208 cm.Il ciclo di opere create appositamente per questa occasione ruota intorno alla figura di Atena (la Minerva dei Romani). In questo modo l’ateneo fiorentino assolverà alla propria funzione etimologica di “tempio di Atena”, dea della sapienza (dal greco “athénaion”), ospitando per più di due mesi anche le interpretazioni scultoree di Atena realizzate da Onofrio Pepe.L’artista che più di tutti si identifica con il racconto mitologicoCome ha sottolineato Francesco Gurrieri durante la presentazione ufficiale della mostra svoltasi ieri al Rettorato di Piazza San Marco, «Pepe è un grande artista che lavora esclusivamente sul mito, non a caso le sue opere sono state esposte in passato al museo archeologico e al teatro romano di Fiesole. Siamo perciò lieti di ospitare l’artista che più di tutti si identifica con il racconto mitologico, qualcosa – ha concluso Gurrieri – che si è rarefatto nel tempo, è diventato un’ombra, un buco nero dentro di noi che dobbiamo tornare a colmare».L’arte può restituirci le voci lontane del mito e farle ancora parlareConvenendo con questa affermazione, Sergio Givone ha aggiunto che «Il mito è anche una voce profonda a cui non siamo sempre in grado di corrispondere. È vero, viviamo in un’epoca di miti nefasti in quanto strumentalizzati dalle ideologie, ma ciò non significa che del mito ci si debba liberare».
In quale modo possiamo mantenerci in contatto con una simbologia così lontana da quella contemporanea? «Certo, “fanciulli più non siamo”» ha spiegato Givone citando Pascoli. «Onofrio Pepe esplora il mito non perché voglia tornare a “quei tempi”, che sono passati per sempre e dai quali ci divide una distanza incolmabile – con la rottura della forma piena, perfetta, immediata – ma perché occorre tornare in luoghi che pur non essendo più nostri possono ancora parlarci. L’arte può restituirci le voci del mito dalla loro grande distanza e, interpretandole, farle ancora parlare».«La mia Atena, così diversa da quella di Arturo Martini» (Onofrio Pepe) Onofrio Pepe, “Minerva con civetta sulla testa”, 2006, terracotta patinata, cm. 55x32Nel corso della presentazione di “Athena in Athenaeum”, Onofrio Pepe ha voluto citare Arturo Martini come suo maestro ideale, un altro grande artista che ha incentrato la propria opera sul mito classico.
Ma proprio dal confronto tra l’Atena di Martini, conservata all’Università La Sapienza di Roma, e quella di Pepe esposta al rettorato fiorentino (un bronzo alto più di due metri, collocato nel grande atrio e visibile dal centro di piazza San Marco), emerge una differenza significativa: mentre la prima è raffigurata come la dea guerriera invincibile, con lo scudo levato in alto, la seconda è essenzialmente la dea della sapienza, e lo scudo, che perde la funzione di strumento bellico, viene utilizzato come semplice appoggio.Oltre a uno sguardo carico di umanità, «Atena mostra i principali simboli in una visione tutta pepiana: in petto la testa di Medusa; sulla spalla la civetta, l’animale a lei sacro a cui si deve l’epiteto “glaucopide”, traducibile sia come “dagli occhi azzurri”, sia “dagli occhi di civetta”, da glaukós (azzurro) o glaux (civetta) e óps (occhio)».Il "senso del limite" di cui l’uomo contemporaneo ha bisognoPer concludere, con “Athena in Athenaeum” «Il messaggio che Pepe sembra voler trasmettere è l’auspicato recupero dell’ateneo quale luogo privilegiato per l’affermazione della sapienza, da perseguire con la tenacia e l’impegno con cui si affronta una guerra, purché ordinata e costruttiva come insegna Atena».
Allargando il discorso a tutta la società, «oggi il mito è di grande attualità», ha dichiarato l’artista. «Noi veniamo da “lì”, e l’uomo di oggi deve tornare a darsi un "limite", come lo intendevano i Greci: altrimenti dove andremo?»La mostra al Rettorato dell’Università di Firenze è accompagnata da un catalogo Polistampa che presenta testi critici del curatore Francesco Gurrieri e di Sergio Givone, e che documenta fotograficamente tutte le opere esposte.
Data recensione: 29/04/2008
Testata Giornalistica: Artelab
Autore: Angelo Pinti