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Onorevole Lagorio, molti dei suoi 80 anni di vita l’hanno vista impegnata sul fronte socialista a Firenze come a Roma. Ma come si avvicinò a queste battaglie?

Onorevole Lagorio, molti dei suoi 80 anni di vita l’hanno vista impegnata sul fronte socialista a Firenze come a Roma. Ma come si avvicinò a queste battaglie? Nato e vissuto in pieno regime fascista debbo ai miei insegnanti di ginnasio e liceo se sono riuscito a pensare almeno un po’ con la mia testa. In famiglia poi si respirava aria carducciana e deamicisiana. Fu la guerra e le riflessioni sulle disgrazie italiane di allora che mi maturarono una coscienza politica. E poi mi fu utilissimo uno splendido libro di Salvemini sull’Italia dell’Ottocento, letto di straforo nel 1942 alla Biblioteca Nazionale. Così mi sono scoperto repubblicano e socialista e tale risultai anche alla polizia di allora che mi pizzicò due volte.Ma lei ha aderito al Psi soltanto nel 1955... Sì, ero convinto che per il bene di tutti il socialismo dovesse essere indipendente e autonomo. Perciò sono entrato nelle file del Psi soltanto quando Nenni recise ogni patto strategico coi comunisti. In precedenza ero stato vicino a Piero Calamandrei e agli epigoni del partito d’azione. Poi, la vita nel Psi mi ha insegnato molto, ho vissuto da vicino con la classe subalterna che è stata per me una grande maestra.La storia del socialismo fiorentino, come scrive Luigi Lotti nel suo libro al quale anche lei ha contribuito, si sovrappone spesso alle vicende politiche italiane. Come quando lei successe a La Pira nell’incarico di sindaco di Firenze. La Pira era stato un ottimo sindaco negli anni Cinquanta quando capitanava una giunta di centro. Amava sanguignamente la città, soprattutto la povera gente, non capiva invece i ceti emergenti e la loro dinamica, quindi si trovò in difficoltà negli anni Sessanta con la Firenze che era entrata in una grande fase di crescita economica. Anche per questo i socialisti, alleatisi a La Pira nel 1960, ambivano a succedergli. Ciò avvenne nel ’65 e toccò a me. Il passaggio delle consegne fu molto drammatico perché coinvolse anche gli equilibri politici nazionali. Firenze era una città nevralgica.Perché poi si dimise da Palazzo Vecchio? Ero sindaco di una giunta minoritaria di centro-sinistra che al proprio interno aveva due correnti che mordevano il freno, i lapiriani e la sinistra socialista. Fu faticoso far qualcosa di buono ma ci riuscimmo, al punto che l’opposizione comunista, sorprendendo tutti, arrivò a ipotizzare un suo appoggio al sindaco socialista. Per la Dc che era mia alleata quel passo parve impraticabile e mi dimisi.Qualche anno prima, nel ’60, con il governo Tambroni, appoggiato esternamente dal Msi, le piazze si sollevarono. Che successe a Firenze? Nel 1960, in un momento di grandi turbamenti fra le forze politiche, l’onorevole Tambroni, buon amico del presidente della Repubblica Gronchi, aveva messo in piedi un governo senza maggioranza precostituita e così ottenne e si tenne l’appoggio dei nazionalisti del Msi. La pizza si rivoltò. Anche a Firenze, ma qui riuscimmo ad incanalare la protesta su binari giusti e non ci furono né disordini né vittime come invece era accaduto in altre parti d’Italia. In quell’occasione a Firenze il Psi funzionò da cerniera e punto di riferimento di tutte le forze democratiche.Nel ’70 lei divenne il primo presidente della Toscana. Come andò quella partita? Nel 1970 la nascita delle Regioni pose alla politica italiana un dilemma: era ammissibile o no che nelle regioni qualche partito di governo (che era governo di centro-sinistra) andasse sottobraccio ai comunisti e li portasse al governo di alcune regioni? I socialisti a livello nazionale riuscirono ad imporre un “sì” agli alleati di centro-sinistra. In Toscana, perché l’intesa programmatica fra socialisti e comunisti fosse la più equilibrata possibile, si ebbe cura di scegliere come presidente della regione un socialista con una forte storia personale di tipo socialdemocratico e liberale. Così spettò a me. Le cose andarono nel complesso bene e la Toscana ebbe allora, per molti anni, un assetto pluralista e moderato.Negli anni Ottanta mutò il clima in casa socialista con l’arrivo di Bettini Craxi a Roma e nell’85 fu la volta del sindaco socialista anche a Firenze con Bongianckino e lei fu ministro per molti anni. Negli anni Settanta e Ottanta il Psi fiorentino credo che abbia fatto del bene, anche prima dell’avvento dell’onorevole Craxi e indipendentemente dal consolidarsi del suo primato. Non a caso in quel tempo, qui, noi abbiamo quasi raddoppiato i nostri voti.L’ultimo sindaco socialista Giorgo Morales non ebbe una vita facile con i comunisti. A partire da questioni urbanistiche che, incredibilmente, sono ancora attuali... Morales ha scritto un libro sulle sue esperienze di sindaco “L’assedio di Firenze”. Merita leggerlo. Da quelle pagine si capisce quanto sia stato duro e travagliato il cammino dei socialisti in Toscana.E oggi, onorevole Lagorio? Posso chiederle che cosa pensa di suggerire per le prossime elezioni? La piccola casa madre socialista rimasta in piedi lascia molto a desiderare. Ha fatto troppi errori. Anche l’indipendenza che ora manifesta si sa come è nata, non è stata una libera scelta, è stata la conseguenza del rifiuto del Pd a dar la mano ai socialisti.E allora? Sa cosa dicono i cattolici quando hanno un problema di fede difficile che provoca angoscia? Dicono: “Ubi Episcopus ibi Ecclesia”. Per uno come me, il vescovo è colui che porta la bandiera, il resto conta meno. Ecco allora che, se in campo in aprile c’è comunque un alfiere che innalza il vecchio vessillo, beh, lì, forse, è il mio posto. Presentato il libro di Lotti sul socialismo. «Rilanciare l’orgoglio di una storia e di una cultura politica che oggi in Italia si tenta di rimuovere dalla memoria collettiva». È l’idem sentire che ha caratterizzato la tavola rotonda promossa dal Partito Socialista per celebrare gli 80 anni di Lelio Lagorio, ex ministro, personaggio di spicco del socialismo fiorentino. Al centro del dibattito la presentazione (all’hotel Baglioni) del libro del professor Luigi Lotti «Il socialismo fiorentino dalla Liberazione alla crisi dei partiti: 1944-1994» al quale lo stesso Lagorio e l’autore del volume, Riccardo Nencini presidente del consiglio regionale, Pieraldo Ciucchi, coordinatore toscano del Psi, Ivo Butini, Giulio Quercini e Nicola Cariglia. «Quando con Lagorio cercavamo una data per la presentazione di questo libro – spiega Ciucchi – ancora non erano state indette le elezioni politiche. Credo che oggi questa iniziativa assuma un valore ancora più forte, perché oltre ad essere un’occasione per ricordare il ruolo determinante che hanno avuto i socialisti fiorentini nella storia delle istituzioni locali e nazionali, ci porta a riflettere, in vista del voto di aprile, sulla prospettiva di una nuova forza socialista». Per Ciucchi «l’esperienza socialista ed autonomista fiorentina è stata sempre caratterizzata da un forte spessore politico nazionale che dalla fine del Psi non ha più trovato a sinistra interpreti di pari livello. Di quella storia, pur nelle difficoltà del quadro politico attuale, dobbiamo cercare di mantenere saldi quegli elementi e quei valori che hanno fatto grande il socialismo fiorentino. Nelle pagine di questo libro dobbiamo trovare un incoraggiamento e uno stimolo di passione politica e civile per provocare nel Paese un sussulto ed una ribellione rispetto ad una questione democratica e sociale della qual il Partito socialista può farsi interprete come forza della modernizzazione e del riscatto dell’Italia».
Data recensione: 04/03/2008
Testata Giornalistica: Il Giornale della Toscana
Autore: Marco Bastiani