chiudi
preview libro

Sulla natura dell’io conoscente

10,20 € 12,00
Qt
Chi sono io, in quanto soggetto conoscente, un’anima o un cervello? Sto ora guardando l’estesa volta del cielo. Quello che vedo, o, meglio, ciò in cui consiste tale vedere (vale a dire un’immagine sensibile, concreta, se si vuole, un’impressione recepita dal senso della vista), mi è presente e, perciò stesso, mi appartiene.

Mi chiedo: può esso costituire qualcosa che mi è dato, che è da me ricevuto? Sicuramente no. Se fossi un’anima, non potrei riceverlo, perché sarei inesteso, immateriale; se fossi un cervello, ciò che vedo potrebbe sì ridursi a uno stato del cervello stesso, ma non potrebbe in alcun modo esservi stato impresso (data l’estensione della considerata immagine sensibile).

D’altra parte, se ciò che vedo fosse qualcosa a me esterno, non potrei certo averlo raggiunto per essere uscito fuori di me. Così, non potendo essere da me ricevuto né raggiunto, ciò che vedo deve emergere dal mio fondo. Ma, onde ciò sia possibile, dovrei essere un’anima o un cervello?

E perché avrei fatto emergere dal mio fondo quello che vedo, avendo l’esigenza che esso segni la presenza di «cose» a me esterne? Il lavoro intende dare a tali interrogativi la sola possibile risposta.
Chi sono io, in quanto soggetto conoscente, un’anima o un cervello? Sto ora guardando l’estesa volta del cielo. Quello che vedo, o, meglio, ciò in cui consiste tale vedere (vale a dire un’immagine sensibile, concreta, se si vuole, un’impressione recepita dal senso della vista), mi è presente e, perciò stesso, mi appartiene.

Mi chiedo: può esso costituire qualcosa che mi è dato, che è da me ricevuto? Sicuramente no. Se fossi un’anima, non potrei riceverlo, perché sarei inesteso, immateriale; se fossi un cervello, ciò che vedo potrebbe sì ridursi a uno stato del cervello stesso, ma non potrebbe in alcun modo esservi stato impresso (data l’estensione della considerata immagine sensibile).

D’altra parte, se ciò che vedo fosse qualcosa a me esterno, non potrei certo averlo raggiunto per essere uscito fuori di me. Così, non potendo essere da me ricevuto né raggiunto, ciò che vedo deve emergere dal mio fondo. Ma, onde ciò sia possibile, dovrei essere un’anima o un cervello?

E perché avrei fatto emergere dal mio fondo quello che vedo, avendo l’esigenza che esso segni la presenza di «cose» a me esterne? Il lavoro intende dare a tali interrogativi la sola possibile risposta.

Polistampa, 2003

Pagine: 160

Caratteristiche: br.

br.

Formato: 14x21

ISBN: 88-8304-650-1

Settore: