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Alexandra Lazareff

Alexandra Lazareff

Tracciare una biografia di Alexandra de Lazareff è come tessere il racconto di un viaggio attraverso vari continenti. Nata a Kiev, cresciuta in Germania, la ritroviamo adolescente in Australia, dove riceve una formazione artistica e culturale ispirata a modelli anglosassoni. Il teatro, il cinema, tutte le arti diventano per Lazareff fonte di ispirazione per la ricerca di una forma artistica capace di esprimere una personalità impetuosa, travolgente. Il premio South Australian Art Festival corona gli anni australiani. Il 1974 segna l’evasione verso l’Europa. Il mito è Parigi. Ciò che spinge la giovane artista cosmopolita è il desiderio, il bisogno vitale di “vedere” cosa si fa altrove. Ritorna in Australia, dove le vengono conferiti prestigiosi incarichi per giornali e riviste internazionali: «News», «Daily Mirror», «Sunday Times». Fa ritorno a Parigi qualche anno dopo. Il genere nel quale si cimenta è il ritratto, disciplina difficile che le procura però grandi successi. Le mostre, sotto l’egida dell’Ambasciata d’Australia, si susseguono, Alexandra esiste artisticamente e socialmente. Il bel mondo la convoca commissionandole ritratti: Aznavour, Ira Füstemberg, Michel Simon, sir Ronald Walker… Gli editori apprezzano la sua grafica. Sono sue le illustrazioni del libro di John Kobal su Marlene Dietrich. Il bisogno di evadere, di rompere, di assaporare altro riesplode. Alexandra abbandona i facili guadagni e la mondanità per isolarsi nella severa disciplina della scultura. Un antico mulino della Toscana diventa il suo laboratorio, la fabbrica delle sue nuove creature. Parigi, l’effervescente capitale della cultura e dell’arte, rimane solo una vetrina per le mostre, una scena per le relazioni mondane. Le sue opere vengono presentate in alcune delle più prestigiose gallerie parigine, nonché in molti altri importanti musei o centri espositivi francesi. Non solo la Francia ma anche il Belgio, l’Australia, la Germania e gli USA accolgono le sue creazioni. Il mulino della Lucchesia è un mondo di forme magnificamente composte da cui si sprigiona una forza primordiale, indeterminata, una galleria di figure dell’immaginario e del simbolico fatte non per stupire, come avrebbe detto Cocteau, ma per andare oltre, oltre la misura, il limite, la compostezza (Antonietta Sanna).
Tracciare una biografia di Alexandra de Lazareff è come tessere il racconto di un viaggio attraverso vari continenti. Nata a Kiev, cresciuta in Germania, la ritroviamo adolescente in Australia, dove riceve una formazione artistica e culturale ispirata a modelli anglosassoni. Il teatro, il cinema, tutte le arti diventano per Lazareff fonte di ispirazione per la ricerca di una forma artistica capace di esprimere una personalità impetuosa, travolgente. Il premio South Australian Art Festival corona gli anni australiani. Il 1974 segna l’evasione verso l’Europa. Il mito è Parigi. Ciò che spinge la giovane artista cosmopolita è il desiderio, il bisogno vitale di “vedere” cosa si fa altrove. Ritorna in Australia, dove le vengono conferiti prestigiosi incarichi per giornali e riviste internazionali: «News», «Daily Mirror», «Sunday Times». Fa ritorno a Parigi qualche anno dopo. Il genere nel quale si cimenta è il ritratto, disciplina difficile che le procura però grandi successi. Le mostre, sotto l’egida dell’Ambasciata d’Australia, si susseguono, Alexandra esiste artisticamente e socialmente. Il bel mondo la convoca commissionandole ritratti: Aznavour, Ira Füstemberg, Michel Simon, sir Ronald Walker… Gli editori apprezzano la sua grafica. Sono sue le illustrazioni del libro di John Kobal su Marlene Dietrich. Il bisogno di evadere, di rompere, di assaporare altro riesplode. Alexandra abbandona i facili guadagni e la mondanità per isolarsi nella severa disciplina della scultura. Un antico mulino della Toscana diventa il suo laboratorio, la fabbrica delle sue nuove creature. Parigi, l’effervescente capitale della cultura e dell’arte, rimane solo una vetrina per le mostre, una scena per le relazioni mondane. Le sue opere vengono presentate in alcune delle più prestigiose gallerie parigine, nonché in molti altri importanti musei o centri espositivi francesi. Non solo la Francia ma anche il Belgio, l’Australia, la Germania e gli USA accolgono le sue creazioni. Il mulino della Lucchesia è un mondo di forme magnificamente composte da cui si sprigiona una forza primordiale, indeterminata, una galleria di figure dell’immaginario e del simbolico fatte non per stupire, come avrebbe detto Cocteau, ma per andare oltre, oltre la misura, il limite, la compostezza (Antonietta Sanna).

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