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Jaroslav Seifert

Jaroslav Seifert

Poeta e giornalista boemo Jaroslav Seifert nacque il 23 settembre 1901 a Praga, e lì morì il 10 gennaio 1986. Nel 1984 gli è stato conferito il premio Nobel per la letteratura. Dal ’48 rinunciò al lavoro giornalistico di redattore per dedicarsi esclusivamente alla poesia. Nel clima dello stalinismo egli ricercò valori sicuri nella tradizione boema, nelle reminiscenze dell’infanzia e sul tema di Praga. Con la raccolta Šel malíř chudĕ do svĕta (“Andò il pittore povero nel mondo”, 1949) Seifert riscopre il mondo delle illustrazioni popolari di M. Aleš. I tredici rondò del ciclo Mozart v Praze (“Mozart a Praga”, 1951), intrisi di malinconia, sono stati antedatati al 1946 per eludere la censura. Vĕnec sonetů (“Corona di sonetti”), dello stesso periodo, uscì a distanza di anni in un volume con Praha (“Praga”, 1956). Píseň o Viktorce (“La canzone su Viktorka”, 1950) fu condannata dalla critica ufficiale del periodo, che mal sopportò il senso tragico della vita che ne emana. In Maminka (“La mamma”, 1954) Seifert si rifugia nella memoria di un’infanzia povera e tuttavia ricordata con rimpianto: la raccolta ebbe una vasta popolarità e ottenne il premio di Stato. A partire dallo stesso anno iniziò la pubblicazione delle sue opere di in sette volumi (Dílo, “Opere”, 1954-70). Con la raccolta Koncert na ostrovĕ (“Concerto sull’isola”, 1965) avviene una sorprendente rigenerazione artistica. Le riflessioni sulla vita che inesorabilmente sfugge e i ricordi del passato si alternano a toni carichi d’ironia e durezza laddove parla della guerra o delle aberrazioni della società di oggi: come in Halleyova kometa (“La cometa di Halley”, 1967), Odlévání zvonů (“La colata delle campane”, 1967), Pražský hrad (Il Castello di Praga, in Carte segrete, 9, 1969). Più volte Seifert assunse posizioni coraggiose a favore della libertà di espressione nel suo paese. Negli anni successivi all’intervento sovietico in Cecoslovacchia (1968) egli tornò a subire ostracismi, rimanendo però un autore molto letto e amato. Deštník z Piccadilly (1979; trad. it., L’ombrello di Piccadilly, 1985) e Morový sloup (1977 e 1981; trad. it., La colonna della peste, 1985) uscirono all’estero prima che in Cecoslovacchia. L’ultima raccolta è intitolata Býti básníkem (1983; trad. it., Essere poeta).

A Czechoslovakian poet and journalist, Jaroslav Seifert (Prague, 1901-1986) experienced the political upheavals of his country yet produced a distinctive body of poetry for which he won the Nobel Prize in Literature in 1984. He was born into a working-class family near Prague and joined the avant-garde poetry group Devětsil as a young man. In 1929, working as a journalist and an editor, he was expelled from the Communist Party for voicing his criticism of the party platform. The tenor of his work, and its reception, changed during the German occupation and subsequent Communist takeover. In 1956, his criticism of the Communists made it difficult for him to publish new work. The changing political climate of the 1960s resulted in his appointment as National Artist of Czechoslovakia in 1967, and in 1969, he was elected chairman of the Czechoslovakian Writers’ Union.
A visit to France in the 1920s introduced him to surrealism and modernist writers, yet Seifert’s work remained close to his working-class beginnings as well as being influenced by current events and a sense of nationalism. The Nobel Prize committee described him as a poet “loved as dearly for the astonishing clarity, musicality and sensuality of his poems as for his unembellished but deeply felt identification with his country and its people.” He often wrote of love, and his poems show a commitment to art that transcended politics. Seifert published his first book of poems, Město v slzách, in 1921, eventually publishing 30 books of poems and a memoir. His work is available in English translation in Mozart in Prague: Thirteen Rondels (1985, Tom O’Grady and Paul Jagasich, trans.), Early Poetry of Jaroslav Seifert (1997, Dana Loewy, trans.), The Poetry of Jaroslav Seifert (1998, George Gibian and Ewald Osers, trans.), and The Casting of Bells (2008, O’Grady and Jagasich, trans.).

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