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Alighiero Boetti

Alighiero Boetti

Nonostante nel 1969 avesse chiesto alla moglie Anna Marie Sauzeau di realizzare un’opera a punto croce su una tela di iuta, le prime vere opere a ricamo di Alighiero Boetti sono due pizzi a filet del ’70 che riproducono la traslitterazione fonetica della loro data di esecuzione. Nel marzo del 1971 egli intraprende il primo viaggio a Kabul, durante il quale si fa ricamare tre tessuti, uno con gli anagrammi della parola Italia e altri due che riportano le date dell’11 luglio 2023, la propria supposta data di morte, e il centenario della sua data di nascita, il 16 dicembre 2040. È l’inizio della collaborazione con le ricamatrici afghane. Nel settembre dello stesso anno ritorna a Kabul e pianifica i ricami delle prime Mappe. Nel marzo del 1973 conosce Salman Ali, che torna in Italia con lui e resterà al suo fianco per tutta la vita. Sul bordo di una Mappa del ’78 si legge “a Kabul regna il caos”. Il ’79 è un anno drammatico: a marzo muore la madre e a dicembre l’invasione sovietica interrompe i rapporti con l’Afghanistan. Boetti segue i lavori a distanza. Grazie al rientro in Italia di Salman nell’82 Boetti riesce ad ottenere faticosamente per via postale i ricami predisposti nel ’79. Alla metà degli anni ’80 l’artista compie un viaggio esplorativo in Pakistan, a Peshawar, sul confine afghano, dove predispone la ripresa dei rapporti con le ricamatrici profughe, fino alla creazione a partire dall’87 di vere e proprie factory in grado di aumentare la produzione secondo l’idea di Boetti di una più ampia diffusione di quelli che ormai definiva multipli unici. Le opere a ricamo sono state esposte in personali e collettive ma la massima espressione di questo tipo di lavoro avviene alla mostra Les Magiciens de la Terre, nel maggio del 1989 a Parigi, quando Boetti espone cinquantuno grandi ricami in cui le sue frasi si mescolano con quelle del poeta pakistano Sufi Barang. Sempre a Peshawar, nel 1992, predispone la realizzazione dei cinquanta khilim per la grande mostra dell’anno successivo al Magasin di Grenoble e nel 1993 quella del grande tappeto che rappresenta la summa della sua iconografia e che fu l’ultima opera rientrata in Italia dopo la sua scomparsa, avvenuta a Roma il 24 aprile del 1994.

Nonostante nel 1969 avesse chiesto alla moglie Anna Marie Sauzeau di realizzare un’opera a punto croce su una tela di iuta, le prime vere opere a ricamo di Alighiero Boetti sono due pizzi a filet del ’70 che riproducono la traslitterazione fonetica della loro data di esecuzione. Nel marzo del 1971 egli intraprende il primo viaggio a Kabul, durante il quale si fa ricamare tre tessuti, uno con gli anagrammi della parola Italia e altri due che riportano le date dell’11 luglio 2023, la propria supposta data di morte, e il centenario della sua data di nascita, il 16 dicembre 2040. È l’inizio della collaborazione con le ricamatrici afghane. Nel settembre dello stesso anno ritorna a Kabul e pianifica i ricami delle prime Mappe. Nel marzo del 1973 conosce Salman Ali, che torna in Italia con lui e resterà al suo fianco per tutta la vita. Sul bordo di una Mappa del ’78 si legge “a Kabul regna il caos”. Il ’79 è un anno drammatico: a marzo muore la madre e a dicembre l’invasione sovietica interrompe i rapporti con l’Afghanistan. Boetti segue i lavori a distanza. Grazie al rientro in Italia di Salman nell’82 Boetti riesce ad ottenere faticosamente per via postale i ricami predisposti nel ’79. Alla metà degli anni ’80 l’artista compie un viaggio esplorativo in Pakistan, a Peshawar, sul confine afghano, dove predispone la ripresa dei rapporti con le ricamatrici profughe, fino alla creazione a partire dall’87 di vere e proprie factory in grado di aumentare la produzione secondo l’idea di Boetti di una più ampia diffusione di quelli che ormai definiva multipli unici. Le opere a ricamo sono state esposte in personali e collettive ma la massima espressione di questo tipo di lavoro avviene alla mostra Les Magiciens de la Terre, nel maggio del 1989 a Parigi, quando Boetti espone cinquantuno grandi ricami in cui le sue frasi si mescolano con quelle del poeta pakistano Sufi Barang. Sempre a Peshawar, nel 1992, predispone la realizzazione dei cinquanta khilim per la grande mostra dell’anno successivo al Magasin di Grenoble e nel 1993 quella del grande tappeto che rappresenta la summa della sua iconografia e che fu l’ultima opera rientrata in Italia dopo la sua scomparsa, avvenuta a Roma il 24 aprile del 1994.

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