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Guido Piovene

Guido Piovene

Figlio di nobile famiglia, conseguì la laurea in filosofia all’Università degli studi di Milano, dove conobbe tra gli altri il filosofo Eugenio Colorni. Si avviò alla carriera giornalistica da subito, ricoprendo il ruolo di inviato fin dalla sua prima assunzione per il quotidiano L’Ambrosiano, dalla Germania. Passò successivamente al Corriere della sera, per cui lavorò da corrispondente estero a Londra e Parigi: presso la testata lombarda conobbe Dino Buzzati, Orio Vergani e Indro Montanelli. Fece scalpore al tempo la recensione entusiastica che il giornalista, noto osservatore del mondo comunista, scrisse per il libello antisemita “Contra Judaeos”: questo fatto gli costò l’amicizia con Colorni. Collaborò più avanti con La Stampa. Nel 1931 pubblicò i suoi primi racconti ne La vedova allegra. Ci vollero dieci anni perché Piovene desse alle stampe la sua seconda opera, Lettera di una novizia, romanzo epistolare che mette in luce l’indagine psicologica su cui lo scrittore indugia per far risaltare gli aspetti più cupi e concentrazionari della società vicentina, dominata dal moralismo religioso oppressivo e sospettoso. All’analisi fatta da Piovene degli ambigui tormenti esistenziali della giovane Rita si aggiungerà, negli anni cinquanta, Il prete bello di Goffredo Parise, anch’esso ambientato nel Veneto cattolico e bigotto della prima metà del secolo ma caratterizzato da un realismo venato di dissacrante ironia. In un secondo momento, la produzione di Piovene si soffermò sui reportage di viaggio, che diede alla luce il De America nel 1953, seguito a ruota da Viaggio in Italia (1957), una delle sue opere più famose. Ritornò alla narrativa nel 1963 con Le furie, romanzo-saggio che è la cronaca di un ritorno a Vicenza e del confronto con i personaggi-fantasmi ("furie" appunto) del proprio passato. A dieci anni di distanza dal Viaggio in Italia pubblicò anche Madame la France e La gente che perdé Gerusalemme. Nel 1968 fu presidente della giuria della Mostra internazionale del cinema di Venezia. Il massimo conseguimento della mai dimenticata introspezione psicologica dei personaggi lo ottenne con il romanzo del 1970 Le stelle fredde, in cui una trama striminzita fa da sfondo ad un’abilissima analisi della morale. Il libro venne insignito del premio Strega. Nel giugno del 1974 appoggiò Indro Montanelli nella fondazione de il Giornale Nuovo. Cinque mesi dopo morì a Londra, dove si trovava per il lavoro come corrispondente.
Figlio di nobile famiglia, conseguì la laurea in filosofia all’Università degli studi di Milano, dove conobbe tra gli altri il filosofo Eugenio Colorni. Si avviò alla carriera giornalistica da subito, ricoprendo il ruolo di inviato fin dalla sua prima assunzione per il quotidiano L’Ambrosiano, dalla Germania. Passò successivamente al Corriere della sera, per cui lavorò da corrispondente estero a Londra e Parigi: presso la testata lombarda conobbe Dino Buzzati, Orio Vergani e Indro Montanelli. Fece scalpore al tempo la recensione entusiastica che il giornalista, noto osservatore del mondo comunista, scrisse per il libello antisemita “Contra Judaeos”: questo fatto gli costò l’amicizia con Colorni. Collaborò più avanti con La Stampa. Nel 1931 pubblicò i suoi primi racconti ne La vedova allegra. Ci vollero dieci anni perché Piovene desse alle stampe la sua seconda opera, Lettera di una novizia, romanzo epistolare che mette in luce l’indagine psicologica su cui lo scrittore indugia per far risaltare gli aspetti più cupi e concentrazionari della società vicentina, dominata dal moralismo religioso oppressivo e sospettoso. All’analisi fatta da Piovene degli ambigui tormenti esistenziali della giovane Rita si aggiungerà, negli anni cinquanta, Il prete bello di Goffredo Parise, anch’esso ambientato nel Veneto cattolico e bigotto della prima metà del secolo ma caratterizzato da un realismo venato di dissacrante ironia. In un secondo momento, la produzione di Piovene si soffermò sui reportage di viaggio, che diede alla luce il De America nel 1953, seguito a ruota da Viaggio in Italia (1957), una delle sue opere più famose. Ritornò alla narrativa nel 1963 con Le furie, romanzo-saggio che è la cronaca di un ritorno a Vicenza e del confronto con i personaggi-fantasmi ("furie" appunto) del proprio passato. A dieci anni di distanza dal Viaggio in Italia pubblicò anche Madame la France e La gente che perdé Gerusalemme. Nel 1968 fu presidente della giuria della Mostra internazionale del cinema di Venezia. Il massimo conseguimento della mai dimenticata introspezione psicologica dei personaggi lo ottenne con il romanzo del 1970 Le stelle fredde, in cui una trama striminzita fa da sfondo ad un’abilissima analisi della morale. Il libro venne insignito del premio Strega. Nel giugno del 1974 appoggiò Indro Montanelli nella fondazione de il Giornale Nuovo. Cinque mesi dopo morì a Londra, dove si trovava per il lavoro come corrispondente.

Libri scritti da Guido Piovene

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