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Presentazione del libro di

GUALBERTO ALVINO
Là comincia il Messico
EDIZIONI POLISTAMPA, FIRENZE

Intervengono
MARIO LUNETTA, critico letterario
ALDO M
ASTROPASQUA, docente di Letteratura italiana moderna e contemporanea
FRANCESCO MUZZIOLI, docente di Teoria della Letteratura

Saranno presenti l’Autore e l’Editore

Mercoledì 18 febbraio 2009, ore 16.30
Biblioteca Vallicelliana
Piazza della Chiesa Nuova 18, Roma

La solitudine, la rivolta contro il destino, la ferocia di Dio, l’inettitudine, la malattia, la morte, attraverso la storia di un intellettuale colpito da uno dei sintomi psichiatrici più spaventosi: le allucinazioni uditive. La voce narrante è la voce stessa della follia: quindi non prima, non terza, ma seconda persona; un basso continuo che distrugge gradualmente i pilastri su cui poggia la vita del protagonista, filologo e critico letterario di fama, il quale si trasformerà da dissettore di libri a scalco di corpi. Un processo di bestializzazione che riesce a essere una metafora dei nostri tempi. “Là comincia il Messico” è la frase che pronunciavano i banditi dei film western quando erano vicini al confine, oltre il quale nessuno avrebbe potuto acciuffarli. Qui indica il salto, l’orrenda metamorfosi che il personaggio si accinge a compiere.

«Colpisce, sopra ogni cosa, l’indubbia padronanza linguistica che domina il testo: la scelta di ricorrere alla seconda persona risulta vincente, ed è capace di rendere la Follia – vero e proprio personaggio dell’opera – una voce narrante originale, il cui unico scopo è demolire senza pietà le certezze del protagonista. Il susseguirsi di visioni oniriche impreziosisce la lettura di immagini potenti e suggestive, che fanno da corollario alla lunga invettiva sulla quale si regge la storia».
Ernesto Ferrero

«Il discorso è alacremente intenso e inventivo, trascorrendo dal distacco ironico del commento e della critica alla rappresentazione d’orrore e di morte. L’opera è di straordinaria originalità, e la pubblicherei subito, con entusiasmo: ne potrà derivare un salutare scontro con la banalità e la povertà della letteratura di moda. Io sono con Gualberto Alvino, appassionatamente. Egli ha ridato verità al tragico e al “grande Stile”».
Giorgio Bàrberi Squarotti

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