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dal 17 marzo al 3 giugno 2007 - PROROGATA AL 1° LUGLIO 2007
giovedì e venerdì 16/19
sabato e domenica 10/12 e 15/19

VOLTI

Uomini e donne del Valdarno nei ritratti di Venturino

Palazzo Concini

via Concino Concini 41/D

Terranuova Bracciolini, Arezzo


La mostra Volti. Uomini e donne del Valdarno nei ritratti di Venturino Venturi si articola in sette sezioni. “Ritratti su carta gialla” raccoglie 8 disegni a matita eseguiti nel 1954 durante una cena con una decina di amici in una trattoria di Loro Ciuffenna. Due statue in cemento, una pietra scolpita e una delle più belle chine su carta risalente al 1967 compongono la sezione “Il padre e la madre”. Alla sorella “Beppina” sono dedicate una testa in cemento, due statue (una in bronzo, l’altra in lamiera saldata) e una china su compensato, così come tre autoritratti costituiscono la sezione “Venturino”. “Amici” è composta da varie opere ottenute con differenti materiali, porfido, pietra, mosaico, marmo, tempera, china e una pala di mulino intagliata. Oltre alla sezione più ampia, “Volti” con quasi 180 ritratti, quella più originale è rappresentata senza dubbio dalle “Maschere in cartapesta” con una quindicina di grandi opere a colori.

Una mostra promossa da:

Comune di Terranuova Bracciolini
Istituzione Le Fornaci

In collaborazione con:

Regione Toscana
Provincia di Arezzo
Casa Venturi



Pinocchio (autoritratto), s.d., cartapesta

È apprezzabile l’idea di aver raccolto i volti di Venturino, ne ha disegnati davvero una moltitudine. Certo la sua idea iniziale era stata plasmare: disegnare gli amici era un po’ come manifestargli affetto, dedizione, ma non ho mai capito fino in fondo se talvolta non avesse preferito sottrarsi dalle innumerevoli richieste che gli venivano fatte per avere ritratti, i compaesani, gli amici degli amici, volti su volti. Pochi tratti, un segno in più sugli occhi, una sfumatura sul naso ed ecco l’immagine, l’aura della persona disegnata. E così, crescono aumentano i volti di amici, parenti, conoscenti, ritratti di donne e uomini reali, ma anche simboli del viaggio dell’uomo, della sua vera nascita dall’arte, della sua volontà di essere e soprattutto di Esser-ci. Sono i ritratti di Vasco Pratolini o Mario Luzi, ma anche di tanti Beppe, Carlo, Laura, della sua gente che pellegrinante raccoglieva i suoi doni, quei volti essenziali ed intensi, che ancor oggi ci raccontano, li raccontano. I volti che hanno popolato la sua arte e la sua vita sono state tante pietre del suo cammino sensibile. Questi volti parlano, non sono fissi, perché in ognuno di loro si nasconde quell’Io turbolento, diviso, sperduto di chi li ha tratteggiati, sognati, voluti, composti, sottratti al tempo senza violenza. È questa la sua grande arte, la sua poesia. Ecco allora che la definizione che lui propone di se stesso diventa poesia nella poesia: «Mi definirei così: il maggiormente possibile quello che dovrei essere, essendo me stesso, cioè noi». Le sue esperienze di vita, anche quelle lugubri della perdita di senso del Sé, sono tutte contenute qui dentro, nella sua arte, anche nei suoi volti. L’amore per la vita e per l’arte diventa amore in senso cosmico che ben possiamo celebrare con le parole di un altro grande artista, spesso incompreso e talvolta deriso ed emarginato. Un altro figlio di quella parte di toscana aspra e montana, Dino Campana , anche lui uomo-al-limite, anche lui diviso, che nella poesia “In un momento” dedicata a Sibilla Aleramo dice: «… Questo viaggio chiamavamo amore / Col nostro sangue e colle nostre lagrime facevamo le rose / Che brillavano un momento al sole del mattino / Le abbiamo sfiorite sotto il sole tra i rovi / Le rose che non erano le nostre rose / Le mie rose le sue rose». Così anche Venturino artista del Novecento, sempre in bilico, è stato quel grande raro personaggio inattuale che ha conquistato degnamente l’attualità.

Enzo Brogi

Guido Trapani, s.d., cartapesta

Guido Trapani, s.d., cartapesta


Aldo Ermini, s.d., cartapesta
Aldo Ermini, s.d., cartapesta

Vi è, nella vasta produzione artistica di Venturino, un elemento assolutamente eccezionale, unico nel panorama artistico nazionale ed internazionale: è l’insieme dei ritratti che egli ha dedicato alla sua gente. Venturino, già nel 1936, quando studia e vive da solo tra Firenze e Loro Ciuffenna, ritrae i propri familiari: le mani della nonna intente ad intrecciare la lana, o le lunghe gambe del nonno, ripiegate nel momento del riposo, disegnate con pochi ed essenziali tratti, sono sufficienti per eseguire i primi lavori, così come il tenero nudo della giovane amica appena uscita dal bagno. L’attenzione di Venturino per i volti degli uomini e delle donne che ha amato diviene incessante e, sin dalle effigi del padre, della madre, della sorella Beppina e degli amici fiorentini, poco si sofferma sulla descrizione dei lineamenti, cercando sempre di rivelare la più intima sostanza delle persone. Ne è un esempio emblematico il doppio ritratto dei genitori, una china del 1967, dove, mentre il padre è ben descritto con minuziosi e sottili tratti di china, la madre sfugge ad ogni descrizione e nello straordinario sguardo concentra il vasto pensiero che sempre la sostenne. Vi è poi l’eccezionale galleria dei volti della gente della sua terra: centinaia di uomini e donne senza equivoci, certi della propria femminilità o mascolinità, sicuri del modesto cammino assegnato loro dalla vita. Venturino ne fa il proprio personale pantheon frutto di amicizie lunghe una vita o di un solo irripetibile istante. Tutti sono sfiorati dal suo inconfondibile tratto: a volte è una linea continua, compiuta senza staccare la penna dal foglio; a volte sono innumerevoli segmenti di china che si addensano o si diradano; altre volte è il segno lasciato dallo scalpello, oppure dalle dita nella molle creta; altre volte ancora è semplice cartapesta. Per la prima volta potranno essere ammirati, in un percorso espositivo unitario, la grande lamiera a sbalzo raffigurante la sorella Beppina, proveniente dalla collezione della Sede RAI di Firenze, e i ritratti del padre, della madre, delle sorelle e degli amici: disegni, mosaici e sculture di grande sapienza compositiva, che hanno suscitato l’attenzione della critica più avveduta, provenienti dal Museo Venturino Venturi di Loro Ciuffenna, da collezioni private e da Casa Venturi. Le diciotto inedite maschere in cartapesta, sino ad oggi conservate nella casa atelier, segnano con inimmaginabile forza espressiva, un capitolo fondamentale del percorso artistico di Venturino. Eseguite nel 1980 con tecnica tradizionale, rappresentano i volti dei più cari amici, simbolicamente guidati da Pinocchio e dalla Fata Turchina, che sono l’uno l’ideale autoritratto del maestro, l’altro l’effige dell’amata sorella.

Lucia Fiaschi

Ireneo Bagnolesi, s.d., cartapesta

Ireneo Bagnolesi, s.d., cartapesta


Biografia di Venturino Venturi

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